Last updated on Novembre 6th, 2021 at 01:55 pm
Di recente, la Camera dei Lord del parlamento britannico ha rigettato una proposta di legge pensata per legalizzare il «suicidio assistito».
Venerdì 22 ottobre, dopo una discussione durata oltre sette ore, la prima firmataria del disegno di legge, la baronessa Molly Meacher, ha rinunciato al voto in aula. Nel corso della seduta era infatti emersa una chiara opposizione da parte della maggioranza dei Lord, compresi alcuni di estrazione progressista.
Del resto addirittura il primo ministro, Boris Johnson, si era dichiarato contrario, laddove medici e attivisti per i diritti dei disabili avevano criticato fortemente la proposta.
La baronessa Meacher aveva presentato il disegno di legge in maggio, nella prospettiva di consentire alle persone adulte con un’aspettativa di vita di non più di sei mesi di richiedere un preparato che comportasse la morte.
Qualche giorno prima della discussione in aula, Johnson aveva però comunicato l’intenzione di non sostenere la proposta qualora il disegno di legge fosse arrivato alla Camera dei Comuni. Anche il ministro della Sanità, Sajid Javid, si era dichiarato contrario.
«Il governo ha sempre considerato questa questione un tema riguardante la coscienza individuale e quindi tocca al Parlamento decidere», ha dichiarato al Daily Telegraph un portavoce dell’esecutivo.
L’opposizione al suicidio assistito è peraltro giunta non solo da membri del governo, ma anche da un esponente di rilievo del Partito Laburista, l’ex primo ministro Gordon Brown. In un articolo pubblicato su The Times, Brown aveva denunciato «il rischio di pressioni, per quanto sottili e indirette, sulle persone fragili e vulnerabili, che potrebbero percepire la propria esistenza come un peso per gli altri».
In una lettera comune, l’arcivescovo di Canterbury e leader della Chiesa anglicana, Justin Welby, il primate della Chiesa Cattolica, cardinale Vincent Nichols, e il rabbino capo d’Inghilterra, Ephraim Mirvis, avevano scritto: «Noi riteniamo che il fine di una società compassionevole sia l’assistenza alla vita piuttosto che l’accettazione del suicidio assistito».
Ora, la proposta di legge presentata dalla baronessa Meacher, adesso ritirata, avrebbe dovuto superare tutti i passaggi nella Camera dei Lord per essere discussa nella Camera di Comuni, cosa non semplice senza una chiara maggioranza a sostegno dell’iniziativa. E l’iter nella Camera dei Comuni sarebbe stato poi comunque pressoché impossibile senza l’appoggio del governo.
Nel 2015 una proposta analoga era stata respinta proprio ai Comuni con 330 voti contrari e solo 118 favorevoli. In quell’occasione, Johnson votò contro il disegno di legge.
Ovviamente il progetto era stato criticato dall’associazionismo a difesa dei diritti dei disabili e anche dalla professione medica, particolarmente dai dottori impegnati nel campo delle cure palliative.
Parlando al lancio dell’iniziativa «Better Way Campaign», che promuove alternative positive al «suicidio assistito», l’attivista per i diritti dei disabili Miro Griffiths ha dichiarato: «Credo che l’introduzione del suicidio assistito nel Regno Unito avrà un impatto diretto sul sottoscritto in quanto persona e sulla mia intera comunità sul modo in cui siamo percepiti e siamo considerati, sui servizi e sul supporto che riceveremo nei prossimi anni. Sono convinto che quella pratica danneggerà le attuali politiche a favore dei disabili e l’intero quadro legislativo che desidera proteggere i diritti delle persone disabili».
Dunque la professione medica è ancora largamente contraria all’eutanasia, ma subisce enormi pressioni mediatiche e una delle organizzazioni mediche britanniche ha recentemente adottato una posizione neutrale, da decisamente contraria che era.
Lo scorso anno il Royal College of General Practitioners ha ribadito la propria contrarietà alla legalizzazione del «suicidio assistito» dopo aver consultato i propri iscritti. Ha anche deciso di non riconsiderare la propria posizione su questo tema per almeno cinque anni.
Ma il mese scorso la British Medical Association ha cancellato, con un margine strettissimo (149 voti favorevoli e 145 contrari), la propria storica opposizione al «suicidio assistito», adottando anch’essa una posizione neutrale, fortemente subito criticata con una lettera al quotidiano Daily Telegraph dai professionisti che forniscono le preziose cure palliative a chi ne necessita.
«La British Medical Association non ci rappresenta. La stragrande maggioranza di medici che offrono cure palliative non vuole l’introduzione del suicidio assistito e qualora venisse introdotto non vi prenderà parte», hanno scritto.
«Offrire a qualcuno l’opzione di morire è come dire che non si dà valore alla sua vita o che non è degna di essere vissuta. E pure peggio: i pazienti potrebbero, cioè, avere l’impressione che dietro l’offerta di questa opzione ci siano motivazioni economiche, di risparmio. La gente si accorgerà presto che offrire il suicidio assistito è più conveniente della miriade di altri trattamenti che potremmo offrire», affermano i palliativisti in risposta al voto della British Medical Association.
Nonostante la bocciatura in Inghilterra, però, il dibattito continua nel resto del Regno Unito. La Scozia, a settembre, ha lanciato una consultazione pubblica su una proposta di legge simile a quella dibattuta a Londra. La consultazione rimarrà aperta fino alla fine dell’anno. Il parlamento scozzese negli ultimi anni ha già votato due volte contro il suicidio assistito e si spera che la recente bocciatura della Camera dei Lord serva da esempio per l’assemblea legislativa scozzese.
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