Le statistiche ufficiali dicono che l’Italia abbia superato la provincia dell’Hubei (dove si trova Wuhan), non l’intera Cina, nel conto delle vittime da coronavirus. Le statistiche ufficiali fornite dalla Cina, un Paese totalitario dove i diritti umani e la libertà religiosa sono carta straccia, non sono attendibili.
Il rapporto sulla pena di morte di Amnesty International da anni comunica che il numero delle esecuzioni capitali annue in Cina è l’unico non pervenuto a livello mondiale giacché dato coperto da segreto di Stato.
La repressione nello Xinjiang presenta cifre enormi: si calcolano fino a 3 milioni di internati. Alcuni documenti ufficiali dicono un milione per essere prudenti, ma già un milione è cifra enorme.
Il rapporto del “China Tribunal” del 1° marzo sull’espianto forzato di organi da prigionieri di coscienza (alcuni li espiantano che i condannati sono ancora vivi), dopo il verdetto di colpevolezza emesso in giugno, è liberamente disponibile online: 500 pagine.
Il 4 marzo il Senato degli Stati Uniti d’America ha presentato una risoluzione bipartisan per togliere le Olimpiadi invernali del 2002 alla Cina per palese violazione dei diritti umani.
L’11 marzo il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato il proprio rapporto annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo. La parte sulla Cina è agghiacciante.
Ma la Cina nega tutto. Perché allora dovrebbe dire la verità sul coronavirus, quando il fatto di mentire la fa passare da “salvatore della patria” (pure di quella altrui?) in una colossale e vergognosa operazione propagandistica?
Il virus si è originato a Wuhan, dove ci sono due centri di ricerca che giocano con i virus. Sanno forse qualcosa del contagio? Noi no. Per questo lo chiediamo a loro, e al governo cinese. Perché mai la ricerca dei due scienziati che hanno denunciano il fatto (peraltro senza accusare il governo di complotto) è scomparsa dal noto database scientifico Research Gate?
Sia come sia, i notiziari italiani, che da settimane sembrano un bollettino di guerra, da tre giorni altro non dicono: il numero delle vittime italiane ha superato “quelle della Cina”.
Lo scoramento è palpabile, il cancro della depressione serpeggia. Solo ieri abbiamo denunciato, con trasporto, la deriva che, coronavirus o non coronavirus, sta travolgendo l’umanità mentre noi sogniamo soltanto di tornare al nostro happy hour più in fretta possibile.
Sì, davvero: sembra finita. Eppure non saremo noi a decretare la fine, la quale verrà, quando verrà, e sempre inesorabilmente, senza chiedere il nostro permesso, senza né domandarci se siamo pronti né concederci tempi supplementari per correre ai ripari in caso non lo fossimo.
È in questo scoramento e in questa depressione però che abbiamo bisogno più che mai di levare lo sguardo. La buona letteratura può, in questi casi, aiutare. «E lì Sam, sbirciando fra i lembi di nuvole che sovrastavano un’alta vetta, vide una stella bianca scintillare all’improvviso. Lo splendore gli penetrò nell’anima, e la speranza nacque di nuovo in lui. Come un limpido e freddo baleno passò nella sua mente il pensiero che l’Ombra non era in fin dei conti che una piccola cosa passeggera: al di là di essa vi erano eterna luce e splendida bellezza» (J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, III, VI, II). Possiate tutti, possiamo tutti noi essere capaci di alzare lo sguardo come ne fu capace Sam.
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