Martedì, in Porto Rico, si è tenuta la prima audizione pubblica su un disegno di legge che mira a limitare il ricorso all’aborto nel Paese. In realtà il testo è già stato approvato da una commissione del Senato alla fine di marzo e avrebbe dovuto essere votato all’inizio del mese nella Camera alta, che invece l’ha fatto tornare in commissione proprio per le critiche mosse al fatto che non fossero state organizzate audizioni pubbliche.
La legge sull’aborto in Porto Rico
Si tratta di un disegno di legge finalizzato a porre dei limiti alla cessazione di gravidanza, limiti che al momento non esistono. Porto Rico applica sul proprio territorio la legislazione degli Stati Uniti d’America, cui ha scelto di aderire come Stato federato con un referendum popolare nel 2012 confermato da una consultazione elettorale nel 2017. L’intera pratica di adesione dovrebbe concludersi entro il 2025. L’aborto elettivo, intanto, vi è legale sempre.
Il nuovo ddl
La nuova proposta di legge invece, se approvata, vieterà l’aborto dopo la 22esima settimana di vita del bambino nel grembo materno o quando un medico stabilisca che «il feto sia vitale», fatta eccezione solamente per il caso in cui fosse a rischio la vita della donna. Non significa vincere la guerra contro la cultura di morte, evidentemente, ma segnare un punto, per quanto piccolo. E salvare almeno qualche vita.
«L’audizione», si legge sul sito web dell’emittente televisiva statunitense ABC News, «giunge nella convinzione che una maggioranza conservatrice alla Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe annullare o indebolire il diritto costituzionale all’aborto derivante dalla sentenza Roe v. Wade del 1973» e sulla scia di numerosi Stati dell’Unione, che hanno imposto una soglia agli aborti, molti a 20-24 settimane o prima, alla vitalità fetale riscontrata attraverso la rilevazione del battito cardiaco.
La senatrice Joanne Rodríguez Veve, una delle autrici del disegno di legge, ha dichiarato che il governo ha la precisa responsabilità di proteggere la vita dei bambini, respingendo l’opposizione dei critici che hanno fatto riferimento ai piccoli concepiti senza essere desiderati o da vittime di violenza. «Quei bambini troveranno altre braccia in cui saranno tenuti, accuditi e amati», ha affermato la Rodríguez.
La nuova legge sta incontrando l’opposizione degli attivisti pro-aborto, che non vorrebbero vi fossero limitazioni sull’isola caraibica, ma anche degli attivisti contro l’aborto, che vorrebbero fosse vietato tout court.
La tragedia del passato: «la operación».
Nel passato Porto Rico ha vissuto una storia particolarissima di violenza contro le donne e i loro figli. O, per meglio dire, contro i figli che non hanno potuto avere. Nel 1937 sull’isola è stata approvata la Legge 116, che ha consentito ufficialmente la sterilizzazione basata sull’eugenetica, dando il via a quella che è stata chiamata «la operación».
In un impeto neo-malthusiano, considerando la popolazione troppo numerosa in relazione alle risorse economiche scarsissime, il governo portoricano, sovvenzionato dagli Stati Uniti, ha promosso l’isterectomia e la legatura delle tube fra le donne degli strati più poveri della popolazione, composti prevalentemente da persone di colore. I datori di lavoro incoraggiavano le impiegate a sottoporsi all’intervento e gli operatori sanitari andavano porta a porta per convincere le madri che avessero già due figli a sottoporsi all’intervento.
Dopo circa vent’anni, nel 1953, quasi un quinto delle donne portoricane era stato sottoposto gratuitamente a sterilizzazione e negli anni 1970 si parla addirittura di un terzo delle donne dell’isola. Molte di queste donne non sapevano a cosa stessero andando incontro e ignoravano che l’intervento chirurgico fosse irreversibile. Esiste, su questo capitolo terrificante della storia portoricana, anche un documentario, girato nel 1982, che si intitola appunto La operación.
Durante gli anni de «la operación», inoltre, le donne di Porto Rico hanno svolto un ruolo tristemente importante nelle sperimentazioni per lo sviluppo della prima pillola anticoncezionale. Molte donne povere dell’isola, infatti, sono state inserite senza saperlo e perciò senza il loro consenso nei programmi di sperimentazione clinica del farmaco, cavie umane inconsapevoli che fra l’altro hanno corso rischi notevoli per la propria salute.
Ieri la sterilizzazione e la contraccezione forzata, oggi una legge totalmente aperta all’aborto che, lungi dall’essere abolita, forse neppure si potrà limitare. Non c’è pace, per le donne di porto Rico e per i loro figli.
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