«La sola possibilità di essere libero vale tutto il denaro che possiedo»

Qui si narra del giorno in cui ebbe inizio la battaglia del robot Andrew. 2/5

Image from Pixabay

Last updated on Agosto 18th, 2021 at 02:44 pm

Nel racconto L’uomo bicentenario (The Bicentennial Man), pubblicato nella raccolta Antologia del bicentenario (The Bicentennial Man and Other Stories) del 1976, lo scienziato e scrittore russo naturalizzato statunitense Isaac Asimov (1920-1992) racconta la storia – sviluppata in seguito nel romanzo Robot NDR-113, firmato assieme allo scrittore e sceneggiatore statunitense Robert Silverberg  e pubblicato postumo nell'ottobre 1992 – di un robot positronico (cioè vincolato dalle Tre leggi della robotica) che insegna quale sia il valore autentico della vita umana. Questa estate, assieme ai propri lettori, «iFamNews» vuole ripercorrere alcuni tratti salienti della vicenda dell’automa denominato NDR-113, alias Andrew: non son poche le cose semplici e vere con cui questo personaggio, inventato da uno scrittore ateo, umanista e razionalista, riesce ancora a sorprendere tutti.

Gli esperti di robotica affermavano che Andrew non era altro se non

un computer dotato di intelligenza artificiale che è stato collocato in una struttura corporea umanoide, il che gli conferisce un aspetto apparentemente diverso dai computer che dirigono il traffico aereo, che gestiscono il nostro sistema di comunicazione e che svolgono tutti gli altri lavori di routine

La presunta personalità che la Signorina Piccola credeva di percepire in Andrew, e per cui provava grande affetto, altro non sarebbe stata che una «individualità simulata, una creazione progettata per fini ben determinati, qualcosa di totalmente sintetico».

Il robot, intanto, iniziava a sviluppare riflessioni proprie. Le sue giornate trascorrevano principalmente in compagnia della Signorina Piccola, «sempre pronto ed attento a intervenire rapidamente in caso di necessità». Ovviamente la Prima legge della robotica, in base alla quale un automa non può né recare danno a un essere umano né può permettere che, per negligenza dell’automa, un essere umano subisca danno,

lo obbligava a esercitare una vigilanza costante, per evitare che la Signorina Piccola si facesse male. Ma, come talvolta diceva tra sé, Andrew l’avrebbe protetta spontaneamente e di buon grado da qualunque pericolo anche se la Prima Legge non fosse esistita. Era un pensiero bizzarro: Andrew riusciva a malapena a concepire la possibilità che la Prima Legge non esistesse.

La Prima legge, la Seconda – un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani purché quegli ordini non contrastino con la Prima legge – e la Terza – un robot deve proteggere la propria esistenza purché ciò non contrasti con la Prima Legge e/o con la Seconda –

costituivano aspetti talmente fondamentali dei suoi circuiti neurali che gli venivano le vertigini se provava a immaginare se stesso senza di esse. Eppure, c’era riuscito. Andrew ne era disorientato: era davvero strano avere la capacità di immaginare l’inimmaginabile! Quando simili concetti paradossali gli attraversavano la mente, si sentiva quasi umano.

Andrew guardava poi la Signorina Piccola

e una sensazione di gioia e calore si diffondeva nel suo cervello positronico – una sensazione che aveva deciso di definire “amore” – tanto da dover ricordare spesso a se stesso che era soltanto una struttura di plastica e metallo, ingegnosamente progettata con un cervello artificiale in platino-iridio collocato dentro un cranio di acciaio al cromo, e che non aveva alcun diritto di provare emozioni, di concepire pensieri paradossali, o di fare quelle cose altrettanto complesse e misteriose riservate agli umani.

E sebbene lui egli stesso pensasse che la propria «abilità nel lavorare il legno – che si permetteva di definire “arte” – non era altro che un’applicazione delle facoltà che gli erano state date da chi lo aveva progettato», la Signorina Piccola era di tutt’altro avviso: «Sei un artista, Andrew, un artista del legno. E, visto che sei un artista, devi pure avere un’anima da qualche parte, nei tuoi circuiti positronici. Non chiedermi come c’è arrivata… non lo so e non lo sanno nemmeno quelli che ti hanno costruito. Ma c’è. Ti permette di creare quegli oggetti meravigliosi».

La Signorina Piccola crebbe, si sposò, ebbe a sua volta dei figli. E se pure Andrew «ricordava di non avere una chiara nozione di ciò che gli esseri umani intendevano con la parola felicità», non di meno «le visite della Signorina Piccola – che pur vivendo distante si recava spesso nella casa natale dove Andrew ancora viveva insieme al Signor Martin – e del Signorino costituivano una «grande fonte di piacere per Andrew». Nello stesso periodo, il robot decise che era giunto il tempo di porre al Signore «una richiesta insolita». Avendo Andrew messo da parte nel tempo una grossa quantità di denaro, vendendo le opere artistiche da lui prodotte, propose al Signor Martin di cedergli tutti i propri risparmi

non come dono […] ma come prezzo di qualcosa che posso avere solo da lei. […] La mia libertà. Vorrei acquistare la mia libertà, Signore. Fino ad oggi sono stato solo uno dei suoi beni, ma ora vorrei diventare un’entità indipendente. Manterrei sempre la mia fedeltà e i miei impegni verso di lei, ma, … […] La libertà è senza prezzo Signore […] E la sola possibilità di essere libero vale tutto il denaro che possiedo.

1 – Perché non celebrare l’anniversario del proprio concepimento invece che della nascita?

Non temete, l’avventura di Andrew continua il 17 agosto

Exit mobile version