La Scozia non arretra sulla strada dell’auto-identificazione di genere

Presentato al parlamento il disegno di legge sulla riforma del «Gender Recognition Act»

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Non mostra alcun tentennamento Nicola Sturgeon, primo ministro e leader dello Scottish National Party (SNP). In Scozia il Gender Recognition Act (GRA), la normativa del 2004 emanata dal parlamento del Regno Unito, che consente alle persone con disforia di genere di passare legalmente da uomo a donna o viceversa, entro l’estate cambierà volto e per coloro che desiderassero «cambiare sesso» farlo sarà ancora meno complicato.

Da 18 anni a questa parte, la normativa scozzese prevede che ciò sia possibile per i cittadini maggiorenni, con il parere positivo di due medici, dopo aver trascorso almeno due anni vivendo come se si appartenesse al sesso prescelto. D’ora in poi, invece, il periodo richiesto per vivere la vita di un’altra persona scenderà a tre mesi più tre di conferma, il parere dei medici non occorrerà più e tutto quanto sarà possibile a partire dai 16 anni.

Lo ha ribadito la settimana scorsa Shona Robison, segretario di gabinetto per la Giustizia sociale, l’edilizia abitativa e l’amministrazione locale, presentando il disegno di legge sulla riforma del riconoscimento di genere davanti al parlamento scozzese, a Edimburgo.

Nel suo discorso la Robison naturalmente ha sottolineato quanto la nuova normativa gioverà alle persone transgender eventualmente vittime di pregiudizi e discriminazioni, senza in alcun modo ledere i diritti e la sicurezza delle donne e delle ragazze, e ha invocato pacatezza e ragionevolezza nella discussione.

Peccato che le cose non stiano proprio così, in Scozia e altrove, se alle donne non è permesso dichiararsi “pacatamente e ragionevolmente” contrarie, senza essere appellate con l’acronimo TERF, «femminista radicale trans-escludente», come da diktat dell’ortodossia ideologica LGBT+.

Non ha ottenuto miglior fortuna la «Equality and Human Rights Commission» (EHRC), ente pubblico britannico per la promozione e l’applicazione delle leggi sull’uguaglianza e sulla non discriminazione in Inghilterra, Scozia e Galles, che ha avanzato qualche dubbio e qualche preoccupazione ma è stata liquidata con un’alzata di spalle.

Non arretrano di un passo, però, le attiviste femministe del gruppo di advocacy «Fair Play for Women», che minacciano di portare in tribunale il governo scozzese se davvero introdurrà i cambiamenti indicati per l’ottenimento del GRC, il certificato per il riconoscimento di genere, riducendone i requisiti in buona sostanza all’auto-identificazione. Un articolo di Sarah Pedersen sul periodico Scottish Affairs edito dalla Edimbourgh University Press parla addirittura di «eserciti di donne» contrarie al nuovo GRA, che lede i diritti delle donne, ne minaccia la sicurezza nelle situazioni di maggiore vulnerabilità, ne erode gli spazi e i ruoli.

Nel frattempo si è espressa contro la riforma anche J.K. Rowling, da tempo nel mirino dei fanatici LGBT+ per le sue posizioni contrarie al progetto di legge di Nicola Sturgeon, che in un tweet ha affermato che essa danneggerà le donne, specie le più fragili, coloro che hanno subito uno stupro o che si trovano in carcere.

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