In Liguria, da ora in poi, gli istituti scolastici che intenderanno proporre agli studenti lezioni e attività «[…] inerenti a temi sensibili e delicati come l’educazione affettiva e sessuale» dovranno necessariamente ottenere il consenso informato preventivo da parte dei genitori degli alunni minorenni o da parte degli alunni stessi se maggiori di 18 anni.
È il risultato del voto registrato di recente nel Consiglio regionale ligure, con l’approvazione il 15 marzo dell’ordine del giorno n. 445, presentato dai capigruppo di Fratelli d’Italia e Lista Toti, Stefano Balleari e Angelo Vaccarezza.
«iFamNews» ne parla con Massimo Gandolfini, medico chirurgo, specialista in neurochirurgia e psichiatria, direttore del Dipartimento di neuroscienze e chirurgia testa-collo dell’ospedale Fondazione Poliambulanza di Brescia, membro del comitato organizzatore del «Family Day», autore.
Dottor Gandolfini, vuole spiegare di che cosa si tratta?
Certamente, si tratta di un documento che, in caso si intenda proporre agli studenti lezioni o progetti di particolare delicatezza, legati alla sfera dell’affettività e della sessualità, spieghi nel dettaglio la proposta educativa, e che richiede la firma per approvazione da parte dei genitori degli alunni minorenni. È una tutela, la garanzia che non vengano impartiti insegnamenti non consoni per esempio all’età, inadatti, o improntati a ideologie non condivise.
Ma è una novità? Chi ha figli adolescenti, che frequentano la scuola secondaria, non ha già avuto modo di vedere la richiesta di consenso informato preventivo?
Sì, è una novità. O meglio, è la prima volta che un intero Consiglio regionale vota una disposizione in base alla quale il consenso informato preventivo diviene uno strumento obbligatorio, non più facoltativo e “graziosamente concesso” in base alla sensibilità di un dirigente scolastico oppure preteso da genitori più accorti degli altri. È un atto amministrativo dovuto, da rendersi unitamente al PTOF e a tutti gli altri documenti necessari per il funzionamento corretto di ogni istituto.
Da quanto tempo se ne parla, nella pratica?
Se ne parla da anni, ne abbiamo discusso con almeno tre ministri dell’Istruzione. Ci siamo arrivati nel 2018 con l’allora ministro Marco Bussetti e con la circolare emessa dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) che approvava il consenso informato e ridava spazio alle famiglie, ma ora si è giunti finalmente a una fase più prettamente applicativa.
Nelle altre Regioni italiane, a parte la Liguria, com’è la situazione?
Nel resto del Paese nessuno afferma in maniera perentoria, come appena avvenuto in Liguria, che il consenso informato preventivo è un atto amministrativo obbligatorio. Speriamo si tratti di un primo esempio di good practice, che sarà seguito dalle altre Regioni.
È soddisfatto, dottor Gandolfini, di questo pronunciamento del Consiglio regionale ligure?
Molto, ne sono molto contento. Significa porre nuovamente la famiglia al centro della libertà e della responsabilità educativa. Conformemente, per altro, all’articolo 30 della nostra Costituzione, secondo il quale «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». È «educare», la parola chiave.
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