L’agenda del radicalismo transgender, e in particolare la sua idea che un uomo possa letteralmente diventare donna, e viceversa, semplicemente dichiarandolo, è contro la ragione e contro la scienza. Ci sono più di 6mila differenze fisiche tra maschi e femmine: la chirurgia e l’abbigliamento possono influenzarne solo le più superficiali. Di fatto il sesso è tutt’uno con il resto del corpo di una persona, poiché ogni cellula maschile possiede una coppia di cromosomi sessuali XY e ogni cellula femminile ha una coppia di cromosomi sessuali XX. Al di là di quel che una persona ritenga, è quindi semplicemente impossibile che un maschio diventi femmina.
Ma, pur sottolineando l’irrazionalità e gli aspetti antiscientifici di queste pretese, nondimeno diversi opinionisti troppo diniscono per adottare il linguaggio dell’ideologia trans. Per esempio, in molti articoli che criticano «Lia» Thomas, l’atleta maschio che, sentendosi femmina, è stato autorizzato a fare parte della squadra femminile di nuoto di un college statunitense e che ora sta dominando la specialità, si asopera il «lei». Allo stesso modo, molti oppositori dell’agenda transgender si chiamano «donne transgender» i maschi che si definiscono femmine. E altri ancora usano normalmente il termine «cisgenderd», inventato dalla cultura filo-transgender, e definiscono lo scenario sessuale che ha dominato i mammiferi sin dalla loro prima comparsa sulla Terra come «etero-normatività». Ancora, numerosi critici del transgenderismo radicale, invece della parola «sesso» in riferimento al dimorfismo maschio/femmina, usano la parola «genere», abile mossa dell’ideologia della “diversità” per inculcare l’idea di una «identità di genere» separata dal sesso biologico con cui si nasce.
L’attivista britannica Kellie-Jay Keen, durante una conferenza stampa svoltasi il 15 marzo 2022 davanti alla Casa Bianca, ha sottolineato questo uso improprio del linguaggio . Come riportato da Breitbart News, la Keen ha detto: «”Dobbiamo riprenderci il linguaggio. Non si può, mai, in alcun caso adoperare il linguaggio dell’attivismo trans conferendo a esso legittimità. Perché così stanno le cose: se non si puàò parlare di quanto le donne stanno subendo, se la parola “donna” non uindichi più una donna, bensì significa chiunque si identifichi come tale, allora si è finiti in unza zona davvero pericolosa».
Anche alcuni esponenti del Partito Repubblicano degli Stati Uniti d’America, aggiunge la Keen, altrimenti critici verso il radicalismo transgender, adoperano infatti il linguaggio degli avversari. «Ne ho parlato proprio ieri […] ed è davvero curtioso che anche nei circoli colti, anche nei circoli Repubblicani colti, si utilizzino parole come “trans”, “transwoman” e “transgender”, come se davvero si trattasse di una diversa categoria di esseri umani».
Come disse Confucio più di duemila anni fa, «l’inizio della saggezza è la capacità di chiamare le cose con il loro giusto nome».