Oggi è il giorno della «soddisfazione» perché «nelle prossime settimane», «sulla base dell’evoluzione della curva epidemiologica», «probabilmente», «si può ipotizzare», stando a «un Protocollo di massima», una «graduale ripresa» senza «indicazioni di date precise», «ma non è improbabile».
No, non sono i fratelli Caponi, «Giovanotto… Carta, calamaio e penna»: è la diatriba sulla ripresa delle funzioni liturgiche con il concorso del popolo, insomma le Messe celebrate come Dio comanda. Le prime tre espressioni virgolettate qui sopra sono del cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, le rimanenti di Avvenire, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana. Gli italiani semplici invece si sentono presi in giro. Dopo che il governo ha fatto tutto e il contrario di tutto, dopo che ha privilegiato la pipì dei cani ai bimbi, alle famiglie e alla liturgia, mentre attendiamo di farci controllare dalla app prossima ventura e intanto che il Paese si sfascia su se stesso in nome della falsa dialettica fra salute ed economia laddove invece mezzo mondo riapre (o non ha mai chiuso), e in attesa di decidere se fuori dall’Italia siano tutti più stupidi di noi oppure più intelligenti, e se non altro più responsabili, arriva la sòla, anzi, come dice il magistrato, vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino (CSL), Domenico Airoma, napoletano, il «[…] pacco vuoto che cercano di rifilarti alla stazione ferroviaria di Napoli».
In Italia la libertà di culto, modalità principe per esprimere concretamente la libertà religiosa, la quale è il primo diritto anche politico della persona, non è stata vilipesa o conculcata: è stata bellamente ignorata, come non esistesse, completamente non pervenuta al governo e a chi, sul tema, non ha proferito sillaba. Per questo il 26 aprile il presidente dei vescovi italiani ha reagito all’ennesima presa in giro con una nota dai toni secchi. Perché allora adesso invece ringraziare per una manciata di condizionali e di «forse» che non costano niente?
Infatti, come ha detto all’Adnkronos Alfredo Mantovano, magistrato di Corte di Cassazione e altro vicepresidente del CSL, «di certo non c’è nulla. Sono abituato a ragionare su norme scritte. Ne riparliamo quando ci sarà la norma. Vedremo se ci saranno novità e quali. Comunque, se ci fossero oggi, sarebbe tardi. Perché noi sosteniamo che fin dall’inizio non c’era ragione di sospendere le messe. Un parroco ha la stessa capacità di far rispettare le regole di un gestore di sala del supermercato. Siamo certi che la questione vada disciplinata in modo uniforme: come oggi ci si affida al buon senso così andrebbe fatto per i luoghi di culto. Per quanto ci riguarda, valuteremo, carte alla mano». Mentre quindi attendiamo tutti in religiosa compostezza di entrare nel supermercato (o nel cannabis shop) gongolando per la libertà condizionata che ci permette di interrompere i domiciliari solo per la liturgia settimanale della spesa, o di suonare al dottor Pincopallino per la pillolina dell’aborto fai-da-te, le chiese restano ancora e sempre chiuse, e il ricorso al TAR che il CSL ha presentato contro la decisione del governo prosegue il proprio cammino. È decisamente il minimo che si possa fare.
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