Last updated on marzo 14th, 2021 at 11:50 am
Insieme a quelli del noto motto settecentesco e rivoluzionario «Liberté, Égalité, Fraternité», la Francia del secolo XXI si fregia di un quarto termine, da tempo al centro del dibattito anche politico del Paese: la laïcité.
La laicità dello Stato, che gode dell’esistenza di un osservatorio governativo appositamente dedicato e che come si vedrà può essere però variamente intesa, è oggetto infatti di un testo di legge, il n. 293, elaborato a partire dal 2019 e presentato al Senato il 3 febbraio 2020.
Come riporta il sito web operativo ufficiale del Senato, «credendo che le aspirazioni delle comunità si stiano facendo sentire sempre di più, Philippe BAS, Bruno RETAILLEAU [entrambi membri del partito conservatore Les Républicains], Hervé MARSEILLE [centro] e molti dei loro colleghi desiderano, attraverso questa proposta di legge costituzionale, riaffermare che le leggi della Repubblica prevalgono sugli standard derivanti da convinzioni o regole religiose basati sull’appartenenza etnica. Propongono quindi di: 1. completare l’articolo 1 della Costituzione per affermare il principio secondo il quale “nessun individuo o gruppo può fare affidamento sulla propria origine o religione per esimersi dal rispetto della regola comune”; 2. specificare nell’articolo 4 della Costituzione che i partiti e i gruppi politici devono rispettare non solo i principi di sovranità nazionale e democrazia, ma anche laicità, al fine di prevenire i partiti comunitari».
Denominato dapprima come disegno di legge «sul separatismo» e successivamente «per il rafforzamento dei princìpi della Repubblica», nato per sostituire e modernizzare la vecchia normativa che risale al 1905, il progetto è stato depositato in Senato il 14 ottobre 2020 e approvato il 19, ha affrontato il consueto iter, la cosiddetta navette, con il trasferimento in prima lettura all’Assemblea nazionale da cui è uscito il 3 dicembre 2020.
Rinviata pertanto al Senato per la seconda lettura, la bozza si trova ancora attualmente nella Camera alta, mentre si susseguono le audizioni degli “attori” politici sulla scena ma anche dei rappresentanti della cultura e dei leader religiosi che guidano le comunità presenti nel Paese, in attesa delle sedute di discussione che prenderanno il via il 30 marzo.
Le questioni sul piatto sono davvero molte, tutte ricche di sfaccettature che sono insieme religiose, politiche, sociali, educative. Il rischio è quello di scavare un solco in una società, quella francese, già provata duramente dal terrorismo e da episodi, fra gli altri, quali l’attacco alla sede parigina del settimanale satirico Charlie Hebdo nel gennaio 2015, l’attentato del teatro Bataclan (sempre a Parigi, nel novembre 2015), l’uccisione di padre Jacques Hamel a Saint-Étienne-du-Rouvray nel luglio 2016, la feroce decapitazione dell’insegnante Samuel Paty nell’ottobre 2020.
Sulla scena domina infatti il timore, reso esplicito da parte degli esponenti politici dei partiti, della radicalizzazione dell’islamismo in talune aree geografiche o sociali in cui il desiderio di rivalsa è giudicato benzina sul fuoco rispetto a rivendicazioni pure legittime di tipo economico e culturale. Di qui le accuse contrapposte e in qualche modo speculari di «islamofobia» e «islamo-gauchisme», impugnate come armi e sferrate in un agone politico che si fa sempre più rovente in previsione delle elezioni presidenziali del 2022.
Ma non è tutto qui e se controllare e contenere eventuali derive che possano condurre all’estremismo religioso e a episodi terroristici è sacrosanto, una legge dello Stato che pretenda di entrare nell’animo umano e giudicare questioni di coscienza con il metro del “permesso” e del “vietato” rischia di diventare addirittura pericolosa. Per la libertà religiosa, soprattutto.
È questa la preoccupazione di alcuni studiosi, condivisa per altro dal Consiglio di Stato francese, rispetto alla legittimità di talune delle prerogative che la nuova legge vorrebbe attribuirsi. Laddove, per esempio, essa preveda la possibilità di far chiudere un luogo di culto in cui venga predicata una qualsivoglia forma di «discriminazione», è sempre possibile definire univocamente cosa sia “discriminazione” e cosa invece non lo sia?
E ancora: qualora un gruppo religioso sia considerato una «setta», che pratica il «lavaggio del cervello» ai propri adepti, perché stabilire come vorrebbe la nuova legge che siano le autorità amministrative a decretarne la chiusura? Perché non lasciare che se ne occupi il Diritto già in essere, attraverso un giusto processo di natura penale?
Un’altra questione di importanza fondamentale è quella dell’istruzione parentale o domiciliare. Con l’entrata in vigore della nuova legge, infatti, l’homeschooling sarebbe condannato a sparire pressoché completamente, come il presidente Emanuel Macron desidera e come ha già ampiamente annunciato. La libertà educativa delle famiglie sarebbe così spazzata via d’un colpo, senza possibilità di appello.
Tutto ciò mentre un’altra questione che coinvolge scuola, laicità e identità religiosa si affaccia sulla scena. Due giorni fa, il 3 marzo, l’Institut français d’opinion publique (IFOP) ha reso noti i risultati di uno studio relativo alla concezione di laicità commissionato dalla rivista LeDDV e realizzato fra gli studenti delle scuole francesi.
Un campione di mille giovani ha risposto alle domande poste in proposito e le conclusioni sono interessanti: il 52% di loro, per esempio, è favorevole alla possibilità di indossare a scuola un segno visibile della propria fede, per esempio una croce al collo, il velo islamico o la kippah ebraica, pratica a oggi assolutamente vietata e comunque approvata solo dal 25% della popolazione francese in generale.
Sembra quasi che i ragazzi siano diventati un poco “allergici” a troppa laïcité…
“iFamNews” si occuperà nelle prossime settimane di analizzare aspetti e problematiche del disegno di legge in corso di approvazione; invitiamo i lettori a seguirci per aggiornamenti.
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