L’ONU striglia il Belgio sull’eutanasia

Finalmente qualcuno si accorge della sua inumanità. Oltre all’ONU, anche la CEDU

Image from The Blue Diamond Gallery

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Last updated on Giugno 30th, 2021 at 04:06 am

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) striglia il Belgio per la legge sull’eutanasia. È accaduto, sì: dieci giorni fa. Durante la seduta del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che si è tenuto a Ginevra, sono state infatti contestate le implicazioni umanitarie della norma. Bruxelles ha legalizzato l’eutanasia nel 2002. Inizialmente era offerta solo a pazienti adulti che si trovassero in condizione fisiche senza prospettive di ragionevole miglioramento medico. Nel 2014, però, la legge è stata rivista per consentire l’eutanasia anche sui minori, e senza limiti di età. E negli anni il piano si è quindi inclinato sempre più e il campo applicativo è stato esteso fino a comprendere la «stanchezza del vivere». O persino, come ha rilevato lo scorso anno “iFamNews”, una delusione d’amore e una diagnosi falsificata di sindrome di Asperger.

Una spirale fuori controllo

«Una società giusta si prende cura dei più vulnerabili», dice l’avvocato Giorgio Mazzoli che rappresenta ADF International alle Nazioni Unite. Mazzoli ricorda che «il diritto internazionale protegge il diritto intrinseco di tutti alla vita e richiede ai Paesi di proteggere la dignità e la vita di tutte le persone piuttosto che aiutare a porvi fine». Mazzoli ha quindi ricordato che «purtroppo, nel corso degli anni, abbiamo assistito a una spirale fuori controllo della legge belga sull’eutanasia».

L’appello

L’avvocato rievoca il caso di una 24enne che nel 2015, in Belgio, ha chiesto l’eutanasia a causa di una depressione pur essendo fisicamente sana. «Non c’è niente di progressista in un governo che rifiuta di fornire assistenza e sostegno a coloro che ne hanno più bisogno», aggiunge Mazzoli. Che dunque conclude: «Esortiamo il governo belga ad accettare le raccomandazioni che ha ricevuto su questo argomento: porre fine all’eutanasia e reindirizzare le risorse per migliorare le cure palliative».

Il caso alla CEDU

Non solo all’ONU, però. Il Belgio è chiamato a rispondere dell’applicazione della legge sull’eutanasia anche alla Corte europea dei diritti umani (CEDU). L’accusa di mancata protezione della vita è, in questo caso, giunta da un uomo, Tom Mortier, la cui madre, affetta da depressione, venne sottoposta alla cosiddetta «dolce morte» nel 2012. «Mia madre aveva un grave problema mentale. Ha dovuto affrontare la depressione per tutta la vita», spiega Mortier. Che aggiunge: «È stata curata per anni da psichiatri e alla fine il contatto tra noi è stato interrotto. Un anno dopo ha ricevuto un’iniezione letale. Né l’oncologo che ha somministrato l’iniezione né l’ospedale avevano informato me o nessuno dei miei fratelli che nostra madre stesse prendendo in considerazione l’eutanasia. L’ho scoperto il giorno dopo, quando sono stato contattato dall’ospedale, che mi ha chiesto di occuparmi degli aspetti pratici».

Sei morti di eutanasia al giorno

Il caso della madre di Mortier alla CEDU potrebbe rappresentare un precedente in grado di scompigliare l’architettura giuridica di alcune leggi sull’eutanasia. «Secondo l’ultimo rapporto del governo [belga], più di sei persone al giorno vengono sottoposte ad eutanasia in questo modo, e questa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Le cifre rivelano la verità che, una volta approvate queste leggi, l’impatto dell’eutanasia non può essere controllato», afferma Robert Clarke, vicedirettore di ADF International, che rappresenta Mortier davanti alla Corte.

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