Last updated on Febbraio 28th, 2020 at 05:42 am
«Forse in realtà noi non amiamo nessuno e non l’abbiamo mai fatto. Amiamo l’idea che ci facciamo di una persona … solo l’idea. […] Quando stiamo con una persona amiamo come ci fa stare, come ci fa sentire, e amiamo noi stessi calati in quella situazione … amiamo le nostre sensazioni… E magari lo stesso succede quando finisce una storia … forse non è quella persona che ci manca, ma come ci faceva stare, il modo in cui ci sentivamo felici… Avete mai pensato questa cosa? All’eventualità che l’amore non sia altro che un atto di egoismo?». La sensazione di cioccolato e nocciole è quasi fisiologica. Si avvicina pure zona San Valentino e Tiger, moderno barometro delle festività imminenti, è un tripudio di rosso e di cuori. Non servono più, ormai, i Baci Perugina: basta Instagram per elargire perle di romanticismo appiccicoso. La sensazione, comunque, è di averci perso qualcosa.
La pagina Immagini serie di Instagram offre questa riflessione, in una grigia mattina di gennaio, agli studenti assonnati che sul pullman si avviano verso gli ultimi giorni del primo quadrimestre. Notoriamente, non il periodo migliore dell’anno. Qualcuno non scrolla, ci pensa su. Forse io sono così, egoista, davvero? Forse, in fondo, non è lui che mi fa battere il cuore: ci sono solo io, è tutto dentro di me? Ma soprattutto: io, chi sono? La semplice somma dei miei stati mentali?
Non basta scendere dal pullman, le domande restano lì, piantante nel cuore. Se le pongono i ragazzi, come se le pongono gli adulti. Non si tratta di “adolescenza” e non si tratta nemmeno di astratta filosofia. Si tratta di vita. Perché «se sono solo la somma dei miei stati mentali, ne basta uno tremendo e non val più la pena niente». Lo dice un adolescente, a cena, tra amici.
Deve averlo pensato anche Tine Nys, una donna belga di 38 anni, che, nel 2010, dopo la rottura del rapporto con il fidanzato, ha chiesto – e ottenuto – l’eutanasia attraverso una diagnosi falsificata. Il dolore le è sembrato troppo enorme, la mancanza di come “si sentiva felice”. Ma come può bastare, questo, per ottenere di essere “legalmente” soppressi? Basta eccome, in un mondo in cui esiste una psichiatra, Lieve Thienpont, che dopo solo poche sedute le diagnostica (falsamente) la Sindrome di Asperger (come Greta Thunberg) e, in base a questa diagnosi , ne autorizza l’eutanasia. Una storia raccapricciante e assurda, che non finisce di inorridire.
Ma finalmente – ma si potrà dire? non è costato già fin troppo? – anche in Belgio qualcuno ha pensato che la misura fosse colma: e così per la prima volta i tre medici coinvolti nel caso sono stati denunciati. Il medico che ha fisicamente praticato l’iniezione letale (dimenticandosi bende e cerotti, e facendo reggere l’ago infilato nella vena di Tine al suo stesso padre) ha già confessato la propria inadeguatezza: «era la prima volta che praticavo un’eutanasia per ragioni psichiche. Ho seguito un corso di formazione Eol [della clinica Fine vita], ma ho dovuto interromperlo perché c’era troppa gente. Ho seguito la metà dei corsi, nei quali l’accento era soprattutto sull’aspetto umano, più che sugli articoli della legge. Ma ho chiaramente inteso le condizioni della legge». Se lo dice lui…
Ma non c’è limite al peggio: gli avvocati della difesa hanno richiesto che dalla giuria vengano esclusi tutti i cattolici. È troppo forte il rischio che vincano i conservatori, quelli che all’eutanasia si oppongono. E non sarebbe ammissibile che degli assassini venissero giudicati da persone che considerano l’omicidio, appunto, un crimine. Una bella giuria di sadici assassini, magari anche cannibali, non sarebbe meglio?
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