L’ingerenza abortista di Amsterdam

I Paesi Bassi come safe-haven per le mamme polacche che aggirano la legge. In barba alla sovranità nazionale

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Last updated on Dicembre 12th, 2021 at 04:01 am

È una strana forma di altruismo, quella di cui sta facendo sfoggio il governo neerlandese. Non pago di “godersi” i frutti di una legislazione quasi senza freni in merito ad aborto ed eutanasia,  il parlamento dei Paesi Bassi ha approvato con 111 voti favorevoli su 150 un provvedimento volto a finanziare con fondi statali le pratiche di interruzione volontaria della gravidanza (IVG) per le donne polacche che ne facessero richiesta. Il Belgio, del resto, ci era arrivato già a settembre e altri Paesi avevano fatto da apripista a una sorta di “turismo abortivo” invero assai lugubre.

Nel Paese, l’IVG è legale sino alla 22sima settimana di gravidanza e in taluni casi fino alla 24sima e per esempio la clinica per aborti Bloemenhove di Amsterdam pubblicizza sul proprio patinato sito Internet un ricco menù adatto a tutti i gusti, dall’aborto chimico al curettage, per affermare poi testualmente che «[…] ci sono centinaia di ragioni valide, buone e importanti per scegliere un aborto. Forse semplicemente non vuoi un figlio». Eh beh, è chiaro, no?

C’è però un piccolo neo in questo migliore dei mondi possibili del disprezzo della vita: l’aborto è facilmente accessibile e addirittura gratuito, ma lo è solo per le cittadine neerlandesi. Chi arrivasse dall’estero dovrebbe invece pagare per usufruire del servizio, con una cifra che varia fra 480 e 930 euro.

In realtà un fondo per sovvenzionare l’accesso all’IVG nei Paesi Bassi riservato a donne straniere che ne avanzassero la richiesta esisteva già, destinato però originariamente a cittadine dei Paesi del cosiddetto Terzo mondo, non sia mai che si rischi l’accusa di razzismo a non voler sopprimere bambini di ogni colore ed etnia. Ora, a seguito della messa al bando dell’aborto eugenetico da parte della Corte Costituzionale di Varsavia, che risale all’ottobre 2020, e anche in relazione per esempio allo scandalo costruito a tavolino della donna trentenne che di recente ha tragicamente perso la vita per uno shock settico insieme al bambino che portava in grembo, l’invito a godere delle possibilità offerte nel Paese si estende anche alle donne polacche. Così afferma Sjoerd Sjoerdsma del partito liberale Democratici 66 (D66), autore del testo della risoluzione che, per non trascurare alcun dettaglio, è scritto in olandese ma anche in polacco.

I denari necessari all’aborto per le donne che giungano dall’estero «[…] sono parecchi» aggiunge Sjoerdsma, «motivo per cui vogliamo aiutare a pagare i trattamenti, in modo che le donne polacche sappiano che sono al sicuro nei Paesi Bassi e non debbano preoccuparsi delle finanze». A preoccuparsi dei bambini nel loro grembo, evidentemente, non c’è nessuno.

Una dichiarazione rilasciata a Notes from Poland dall’ambasciata dei Paesi Bassi a Varsavia rimesta nel solito pentolone dell’uguaglianza di genere e dei diritti sessuali e riproduttivi, laddove afferma che «I diritti delle donne, l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi e la salute sono priorità di vecchia data dei Paesi Bassi. Anche nella nostra politica estera. Ciò è stato nuovamente confermato durante il dibattito annuale sul bilancio in parlamento con il nostro ministro degli Esteri. La maggioranza in parlamento ha adottato una mozione che sollecita il governo a utilizzare un programma per i diritti umani esistente in modo tale che sia possibile utilizzare i fondi per sostenere le persone LGBTI e i diritti delle donne, compreso l’accesso all’aborto sicuro, in Europa». 

Esiste un ultimo piccolo ostacolo, poiché «[…] questo fondo per i diritti umani può essere utilizzato solo per sostenere finanziariamente le organizzazioni, non gli individui. E attualmente stiamo valutando come raggiungere tale obiettivo». Purtroppo, è facile immaginare che ci riusciranno.

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