Last updated on Dicembre 12th, 2021 at 04:02 am
I periodici rapporti dell’ISTAT sulla demografia in Italia assumono le sembianze di una Cassandra. Come la figura della mitologia greca, infatti, predicono un futuro a tinte assai fosche. Quelle dell’Istituto nazionale di Statistica, però, non sono profezie, ma proiezioni sulla base di una tendenza demografica caratterizzata dall’ormai endemica penuria di nuovi nati.
Rapporto ISTAT
Lo studio più recente, pubblicato in novembre, è l’ennesimo allarme: la popolazione residente è in decrescita, da 59,6 milioni al primo gennaio 2020 a 58 milioni nel 2030, a 54,1 milioni nel 2050 e a 47,6 milioni nel 2070. Il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050 mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale. Il rischio, a causa di un numero di persone in età lavorativa troppo basso rispetto a quello dei pensionati, è di assistere a un vero e proprio tracollo del sistema contributivo. L’anno decisivo sarà il 2050, quando il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3, mentre come si è detto la popolazione lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3%.
Apatia politica
Non si tratta di profezie, appunto, ma di proiezioni. Eppure, proprio come i vaticini di Cassandra, gli avvertimenti dell’ISTAT risultano inascoltati o quasi. Il primo vero sussulto d’allerta si è avvertito con l’approvazione dell’assegno unico universale, misura che pur con i suoi limiti dimostra un’attenzione a un tema che dovrebbe essere fisso in cima all’agenda politica. Un testimone diretto dell’apatia diffusa rispetto al problema demografico è il prof. Antonio Golini, statistico e docente di Demografia, già presidente dell’ISTAT ad interim tra il 2013 e il 2014.
Il libro
Golini è autore insieme al giornalista Marco Valerio Lo Prete del libro Italiani poca gente. Il Paese ai tempi del malessere demografico (ed. LUISS University Press, 2019). L’agile ma compiuto volume racconta la genesi di questo malessere, la prognosi e una possibile terapia per evitare funesti esiti. Anche Golini è una sorta di Cassandra della demografia in Italia. Il suo monito echeggiava già negli anni Ottanta, apparendo ai più fuori luogo in un periodo caratterizzato dal riflusso, dal boom economico, dalla spensieratezza, soprattutto dall’individualismo e dal narcisismo che partorirono fenomeni come il «child free».
L’accusa di fascismo
L’attenzione non si destò nemmeno nel decennio successivo. «Al sostanziale silenzio che negli anni 1980 avvolgeva il tema demografico, si affiancò nel tempo un arcigno negazionismo», scrive Golini. A tal proposito offre al lettore un esempio tratto dalla sua esperienza personale: nel 1992, da direttore dell’Istituto per le ricerche sulla popolazione del CNR, rilevò i rischi della denatalità in Italia. «Apriti cielo!», racconta lui stesso nel libro. «All’indomani fui bollato di catastrofismo e razzismo dall’AIED, l’Associazione per l’educazione demografica». L’accusa? Rigurgiti del fascismo spiccatamente pronatalista.
La menzogna neomalthusiana
«Ma quello del fascismo», spiega ancora il professore, «non è stato l’unico tabù ideologico a impedire prima, e poi a influenzare, il dibattito sulla demografia in Italia». Ce n’è stato un altro, infatti, che oggi appare di estrema attualità: «la corrente ideologica dell’ecologismo […] ossessionata com’era dall’assillo opposto: cioè dai rischi connessi a una “esplosione demografica”». Su «iFamNews» ci si è occupati spesso della menzogna neomalthusiana sul sovrappopolamento, la quale tuttavia contaminò il pensiero globale dominante nei decenni scorsi e la quale ancora oggi è incensata da schiere di epigoni sovente grossolani.
Urge lungimiranza
Nel libro scritto insieme a Lo Prete, Golini stronca gli errori di previsione di questi catastrofisti (loro sì) della demografia. Oggi, nonostante tutto, il clima culturale è cambiato. La flessione delle nascite sempre più accentuata ha aperto gli occhi a molti. La denatalità è tema di dibattito pubblico e politico. «Ma rischia di essere troppo tardi», rileva Golini, «perché “l’autunno” [demografico] nel frattempo è diventato un rigido “inverno”». Occorre allora intervenire in fretta. E occorre farlo con una lungimiranza che abitualmente manca alla politica, incentrata su un consenso elettorale di brevissimo termine. Occuparsi in modo strutturale di demografia può essere allora un salutare esercizio per il legislatore, in quanto abitua a ragionare guardando oltre il proprio naso. Guardare, insomma, là dove indica Cassandra. Ascoltarla, una buona volta, sarebbe necessario.
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