Irlanda, l’eutanasia avanza. Ma non si può dire

Il ddl sulla «morte dignitosa» è l’apoteosi degli eufemismi e delle manipolazioni linguistiche

Mani malattia fine vita

Image from alberto.biscalchin (Flickr)

La manipolazione semantica in campo biopolitico non è affatto una novità. Verrebbe da dire, anzi, che senza un minimo di neolingua e di eufemismi a buon mercato, la rivoluzione antropologica non farebbe nemmeno un passo. Così come in Italia si discute in parlamento di «omicidio del consenziente» e non certo di eutanasia, qualcosa di molto simile sta avvenendo in Irlanda, dove il Dying with Dignity Bill è al vaglio della Camera Bassa. Nell’intera bozza di legge che si prefigge di disciplinare la «morte con dignità», non appaiono mai, nemmeno una volta, le espressioni «suicidio assistito» o «eutanasia». L’attenzione è rivolta, piuttosto, a concetti come «assistenza nell’agonia», «prescrizione di sostanze che possono essere ingerite oralmente», «prescrivere e fornire i mezzi di autosomministrazione», «la sostanza o le sostanze possono essere somministrate». Una terminologia molto rassicurante, volta ad accontentare un ampio numero di persone, da chi ha in orrore l’eutanasia ma aborrisce anche l’accanimento terapeutico a chi, invece, la vorrebbe in casi eccezionali.

«Morire con dignità»: ma che vuol dire?

La stessa espressione «morire dignitosamente» svela un principio di un’ovvietà incontestabile: chi è che vorrebbe morire privato della dignità? «È stato suggerito che la logica dell’uso del linguaggio eufemistico nel disegno di legge è quella di riflettere meglio i desideri dei pazienti con malattia terminale il cui desiderio è una morte dignitosa», si legge in un commento pubblicato dal periodico scientifico irlandese Studies.

Eppure il disegno di legge irlandese sul fine vita disciplina effettivamente il suicidio assistito. Leggendo con attenzione la bozza si scopre che un medico può prescrivere una o più sostanze da ingerire oralmente somministrate al paziente da un’altra persona oppure tramite un dispositivo «con lo scopo di consentire a quella persona di porre fine alla propria vita» (Sezione 11). Tutte perifrasi che, almeno su un piano superficiale, allontanano l’idea del suicidio assistito, che però rappresenta la sostanza della legge.

Anche l’eutanasia è parte integrante del Dying with Dignity Bill che, all’articolo 11, stabilisce che, nel caso in cui il paziente non sia in grado di autosomministrarsi un farmaco, «allora la sostanza o le sostanze possono essere somministrate», in modo da «consentire alla persona di porre fine alla propria vita». L’intenzione omicida è conclamata. Le figure autorizzate a uccidere il paziente sono «il medico curante o il professionista sanitario che lo assiste» (Sezione 11.6), che potrà essere un altro medico o un infermiere, che, in questo caso, sono obbligati a compiere un omicidio legalizzato.

Sì, la proposta prevede anche l’obiezione di coscienza, ma in forma truffaldina. Perché il medico che non voglia prendere parte ai protocolli di morte per i propri pazienti deve optare per il «trasferimento delle cure» (Sezione 13) a un collega. Cioè un medico pro-life che non volgia uccidere materialmente il paziente è obbligato a indicare un altro medico disposto a farlo.

Situazione paradossale

Il deputato Gino Kenny, relatore del Dying with Dignity Bill, si è affrettato a puntualizzare che la «morte assistita» non va confusa con il «suicidio assistito» e che «le persone con malattie terminali non si suicidano», in quanto mancano delle facoltà mentali per comprendere ciò che fanno. Quando, tuttavia, qualcuno muore per mano di un altro, è difficile dire che quell’atto non sia qualificabile né come omicidio, né come suicidio. Il risvolto paradossale del caso irlandese è che nell’isola britannica vige una strategia nazionale di prevenzione del suicidio, protocollata congiuntamente dal ministero della Salute, dall’Ufficio nazionale per la prevenzione del suicidio e da Health Ireland. Il documento proclama: «La prevenzione del suicidio è preoccupazione di tutti. Questa strategia nazionale stabilisce cosa si ebba fare come governo e come società per proteggere e per salvare vite umane». La questione, ribadisce il testo, riguarda l’«intera società» e richiede un approccio di «tutto il governo». Ma, significativamente, in Irlanda questa strategia di prevenzione non è mai stata menzionata in alcun dibattito parlamentare.

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