Last updated on Maggio 15th, 2020 at 11:18 am
I fedeli potranno tornare a Messa. Non subito, ma da lunedì 18 maggio. È quanto stabilisce un protocollo firmato ieri dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, e Luciana Lamorgese, ministro dell’Interno. L’accordo segue all’approvazione, mercoledì alla Camera, di un emendamento al decreto sul CoViD-19 ‒ sintesi di tre proposte sostenute da Partito Democratico, Italia Viva e Forza Italia ‒ che prevedeva l’adozione di protocolli sanitari, da concertare sia con la Chiesa Cattolica sia con altre confessioni religiose, allo scopo di definire le misure necessarie allo svolgimento delle funzioni. Era stato invece bocciato un emendamento presentato da Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, che avrebbe ripristinato le Messe con i fedeli immediatamente.
On. Meloni, come valuta la firma del protocollo che consente ai fedeli dal 18 maggio di tornare a Messa?
È una buona notizia perché per un cattolico partecipare alla Messa e ricevere i sacramenti è essenziale. Non conosce il cristianesimo chi dice e sostiene, come ho sentito dire anche l’altro ieri in parlamento ma non solo, che un cattolico possa vivere la fede in solitudine e che gli basti pregare in casa o seguire la Messa in streaming. Non è affatto così. E non sono io a dirlo, ma il Papa.
Cosa prevedeva invece il vostro emendamento?
Fratelli d’Italia aveva presentato un emendamento al “decreto lockdown” per fare in modo che la celebrazione delle cerimonie religiose con la presenza di fedeli potesse ripartire subito, ovviamente nel rispetto di tutte le norme generali anti-contagio e del distanziamento sociale, senza rimandare a qualcuno il potere di stabilire tempi e modi. È questo il punto centrale che abbiamo contestato e che è contenuto nell’emendamento della maggioranza: consentire ancora una volta a Conte la possibilità di decidere sulla libertà di culto. Deve essere chiaro che nessun presidente del Consiglio, chiunque esso sia, può decidere sulla libertà religiosa degli italiani.
Altro tema caldo, la scuola: le paritarie stanno risentendo tantissimo dell’attuale crisi…
La scuola paritaria è uno dei pilastri della scuola italiana e costituisce un tessuto culturale, economico e sociale fondamentale per il sistema dell’istruzione. È uno dei tanti settori che il governo Conte ha completamente dimenticato nonostante fornisca un grande servizio pubblico allo Stato e contribuisca a garantire il diritto alla libertà educativa sancito dalla Costituzione: non dimentichiamo, infatti, che la scuola paritaria è frequentata da quasi 900mila alunni e impiega 140mila persone tra docenti e personale amministrativo. Se non si interviene immediatamente, a settembre molte di queste scuole non riapriranno: un disastro che dobbiamo evitare perché far chiudere queste scuole vorrebbe dire creare un danno sia per le famiglie sia per lo Stato.
Cosa propone Fratelli d’Italia?
Sono tante le proposte che FdI ha fatto in parlamento durante l’esame del decreto cosiddetto “Cura Italia”, ma che finora sono state tutte respinte dalla maggioranza di governo: dal rimborso alle famiglie delle rette scolastiche per i servizi non fruiti durante i periodi di sospensione delle attività alla detraibilità al 100% delle rette pagate dalle famiglie durante la chiusura, dall’istituzione di un fondo straordinario per aiutare le scuole a coprire le spese vive al credito d’imposta al 60% sugli affitti. Abbiamo ripresentato queste proposte al decreto liquidità e al decreto scuola, ora all’esame di Camera e Senato, e speriamo che questa volta il governo vorrà ascoltarci.
Il ministro per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, ha preannunciato che, nel prossimo decreto, le misure per le famiglie saranno insufficienti. Quali interventi attuerebbe Fratelli d’Italia?
Finora dal governo e dai suoi ministri abbiamo ascoltato solo proclami e promesse. La verità è che la famiglia è stata completamente dimenticata e non ci si è minimamente preoccupati di programmare la «Fase 2» mettendo al centro i diritti e i bisogni di mamme, papà, ragazzi e bambini. Dal 4 maggio alcune attività produttive sono ripartite, scuole e asili sono rimasti chiusi, ma nessuno del governo o dell’esercito di consulenti e task force si è posto il problema di dare ai genitori degli strumenti che consentissero loro di tornare serenamente in ufficio o in fabbrica. Basti pensare ai giorni di congedo parentale straordinario, che non sono stati ancora aumentati nonostante le scuole siano ormai chiuse da tre mesi. Senza pensare alla fantasiosa proposta della didattica mista a settembre del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina: una follia che ha giustamente scatenato il panico. Abbiamo fatto tante proposte, ma è arrivato il momento di immaginare interventi straordinari per andare incontro alle esigenze delle famiglie: stiamo lavorando ad un pacchetto di proposte che formalizzeremo presto in parlamento e contiamo di discutere a partire dal decreto di maggio.
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