Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:28 pm
La filosofia tra tutte le scienze è la più inutile – lo insegna Aristotele – e, proprio in quanto priva di legami di servitù, è la più nobile. Le scienze sperimentali e le tecniche applicative, invece, sono alleati nelle necessità legate ai bisogni di sopravvivenza. Permettendo di sviluppare descrizioni della realtà sempre più accurate, consentono di elaborare correlazioni di cause ed effetti necessarie per la produzione di strumenti e stati di cose utili alla vita dell’uomo.
La filosofia, di contro, non ha a che vedere con la ricerca del benessere, cioè di stati mentali – o stati di cose finalizzate alla produzione di stati mentali – piacevoli. La ricerca filosofica coincide con la ricerca della giustificazione delle valutazioni morali: svela, cioè, i princìpi che permettono di affermare cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Ha a che fare con il bene, cioè con ciò che è degno di essere perseguito.
Viviamo, però, in tempi in cui i ruoli sono profondamenti confusi e così, quando i filosofi si permettono di fare il proprio mestiere, affermando con forza i criteri in base ai quali indicare il bene e il male, la reazione sconcertante che ottengono è l’irrisione. Si tratta di un «sintomo della regressione della società civile, non certo un avanzamento delle libertà».
È necessario evitare discriminazioni
Un esempio lampante ha a che vedere con il recente decreto che impone l’obbligo di Green Pass per accedere ad alcuni luoghi di svago, ma anche luoghi di lavoro e di studio. Il fine consisterebbe nel tentativo di abbattere i contagi da CoViD-19. Il metodo scelto è, quantomeno, opinabile, come ha recentemente affermato anche la Corte Suprema dell’Andalusia, che ha definito l’obbligo di Green Pass «dannoso e sproporzionato», subito seguita dalla Corte galiziana, escludendo così l’obbligo di Green Pass in tutta la Spagna. D’altra parte è lo stesso Consiglio d’Europa, con il rapporto Vaccini CoViD-19: questioni etiche, legali e pratiche a sottolineare che «gli Stati devono informare i cittadini che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno deve farsi vaccinare se non vuole» e soprattutto che bisogna «garantire che nessuno verrà discriminato se non è vaccinato». Anche nel Regolamento 2021/953 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 14 giugno 2021, al punto 37, è esplicitamente affermata la necessità di «evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate» e, secondo la rettifica della traduzione italiana, del 5 luglio 2021, si fa specifico riferimento alle persone che «hanno scelto di non essere vaccinate». Curiosa dimenticanza della prima traduzione ufficiale del testo.
Sperimentazione ed efficacia
I quattro vaccini attualmente disponibili in Italia contro il CoViD-19 hanno ricevuto dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) una «autorizzazione all’immissione in commercio condizionata». Ciò significa che le aziende che producono tali farmaci hanno l’obbligo di ultimare gli studi in corso e di condurne di altri per fornire dati completi, che evidentemente allo stato attuale mancano. Questo il motivo per cui possono emergere nuovi eventi avversi, con aggiornamenti dei “bugiardini” imposti dall’EMA. Non esistono certezze, peraltro, sull’efficacia dei vaccini nell’impedire l’infezione. Anche per i vaccinati, infatti, continuano a essere necessari i dispositivi di protezione individuale, il distanziamento e anche l’eventuale quarantena in caso di contatto con un positivo, come da raccomandazione dell’Istituto Superiore di Sanità. L’affermazione «se ho fatto il vaccino non posso ammalarmi di Covid-19 e non posso trasmettere l’infezione agli altri» è per altro classificata come fake news sul sito del Ministero della Salute.
Un individuo non è un serbatoio di petrolio
Partendo da questi dati offerti dalla scienza, la filosofia si permette di trarre conclusioni proprie.
È eticamente insostenibile e scientificamente scorretto – come afferma anche l’infettivologo Massimo Galli – imporre l’obbligo vaccinale, direttamente o surrettiziamente tramite un “lasciapassare sanitario”, senza tenere conto delle condizioni particolari di ogni singolo cittadino, che è e deve restare libero di scegliere per sé di fronte alla proposta di inoculazione di quello che è, a tutt’oggi, un farmaco in via di sperimentazione.
Quantomeno non è eticamente accettabile per chi non abbracci un’antropologia fortemente riduzionista, come quella sottesa all’utilitarismo, teoria etica che impone di considerare ogni individuo come mero numero entro il calcolo matematico finalizzato al raggiungimento della maggiore utilità per il maggior numero di persone. Secondo tale teoria, gli uomini non sarebbero altro che “localizzazioni delle proprie rispettive utilità”, in una logica per cui le persone non contano come individui più dei singoli serbatoi di petrolio nell’analisi del consumo nazionale di petrolio. Solo in questa prospettiva è possibile considerare eticamente accettabile, se non addirittura doveroso, imporre agli studenti universitari – per citare un esempio – il vaccino per un virus che, nella fascia di età di loro interesse, non presenta il minimo rischio statisticamente significativo, al fine di “non far circolare” detto virus. Tutto ciò nonostante la risposta alla domanda «si può essere ancora contagiosi una volta vaccinati?» sul sito Internet dell’Unione Europea sia «non lo sappiamo ancora». Giudizi anche più drastici dal Presidente dell’Ordine dei Medici, Antonio Magi: «il vaccinato può essere comunque un contagiante, può contagiare. Sia il vaccinato che il non vaccinato possono contagiare. Far passare il messaggio che il non vaccinato sia un pericolo pubblico non è corretto».
Inutile, cioè senza profitto
Non è eticamente accettabile imporre a un individuo – considerato irripetibile e portatore di un valore infinito – un trattamento sanitario che per quell’individuo potrebbe comportare dei rischi non commisurati al beneficio, nemmeno in vista del beneficio (o della limitazione dei danni) per altri singoli individui (indipendentemente dal loro numero). Non può valere la “logica di Spock”, secondo cui le esigenze di molti contano più di quelle di pochi: un sacrificio può essere scelto, abbracciato, ma non imposto né eticamente, né – a maggior ragione – per decreto.
Solo soprassedendo sulla coscienza del fine, che per ogni singolo individuo è il raggiungimento della proprio compimento umano integrale (la vera felicità, il vero bene), si può applicare un’etica volta al raggiungimento del “maggior utile” o del “minor danno” per i più. Come sia possibile che questa logica venga oggigiorno sbandierata come “altruismo” e “dovere sociale” la filosofia fatica a giustificarlo: si tratta di una scienza, dicevamo, inutile, cioè “senza-utile” “senza-profitto”. Sono altre, almeno così pare, le scienze che all’altare del profitto sono ben più che disposte a inginocchiarsi.