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Coronavirus, vaccino: la logica di Spock?

È moralmente giusto testare i vaccini su soggetti sani?

Cristina Tamburini di Cristina Tamburini
07/08/2020
in Scienza
581
Reading Time: 5 mins read
0
Logica

Image from Google Images

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Last updated on Agosto 11th, 2020 at 03:26 am

«Non si addolori ammiraglio, è la logica: le esigenze dei molti contano più di quelle dei pochi… o di uno». Con queste parole il signor Spock, personaggio della celeberrima serie di fantascienza Star Trek, si accomiatava dall’ammiraglio (già capitano) Kirk, nel film del 1982 Star Treck. L’ira di Khan, sacrificando la propria vita per la sopravvivenza dell’astronave e del suo equipaggio. Per chi fosse troppo giovane per ricordalo, e per quei – certamente pochissimi – lettori che lo ignorassero, occorre un minimo di contesto: il signor Spock è un alieno umanoide che appartiene alla razza dei vulcaniani, caratterizzati dalle orecchie a punta e da un forte senso della ragione e della logica, espresse al massimo della capacità tramite una repressione totale delle emozioni.

Una logica “schiacciante”

Di fronte a un pericolo mortale per l’astronave e per i propri compagni di viaggio, il dottor Spock si sacrifica non già per un impulso eroico, ma per pura logica: laddove un’azione favorisca i molti, insomma, va scelta anche nel caso in cui danneggi i pochi, o uno solo, perché i più vanno privilegiati anche a costo del danneggiamento dei meno. Non per niente il celeberrimo saluto vulcaniano recita: «Long life and prosperity», una lunga vita piena di “benessere” è infatti il massimo cui aspirare.

Un ragionamento, questo, che non fa una piega: almeno per i seguaci del neoutilitarismo etico come Peter Singer, il filosofo australiano per cui la vita di un neonato vale meno di quella di un maiale adulto, il quale – esattamente come farebbe un vulcaniano – propone di mettere da parte gli aspetti «molto potenti sul piano emotivo, ma a rigore irrilevanti» quando si affrontano controversie di tipo etico.

L’accettabilità degli Human Challenge Studies

La questione non è però meramente intellettuale. Si fa invece attualissima in vicende assolutamente urgenti non solo nella riflessione, ma anche nella prassi medica e scientifica di fronte alla sfida della ricerca di un vaccino per il CoViD-19, in particolare riguardo gli Human Challenge Studies (HCS), ovvero le sperimentazioni condotte infettando consapevolmente volontari sani. Si tratta di un tipo di sperimentazione differente da quelle usuali, dove i volontari vengono prima sottoposti alla vaccinazione sperimentale e poi esposti al contagio naturale, perché negli HCS i volontari vengono infettati intenzionalmente con il vaccino patogeno, dopo la vaccinazione sperimentale, per verificare l’efficacia della copertura. I vantaggi riportati dai sostenitori degli HCS sono diversi: anzitutto la possibilità di accelerare i tempi della ricerca, il minor numero di volontari necessari e una maggior quantità di informazioni che si possono acquisire sull’interazione tra patogeno e ospite. Si tratta di sperimentazioni, dunque, più rapide e con costi decisamente meno elevati.

Su questa tipologia sperimentale l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) si era già espressa, nel 2016, con il documento Human Challenge Trials for Vaccine Development: Regulatory Considerations. Come rileva Assuntina Morresi, bioeticista e docente di Chimica fisica, il documento colpisce per lo «scarso spazio lasciato alle considerazioni etiche, confinate in un ultimo e breve paragrafo in cui si ricorda il principio basilare dell’etica clinica di “minimizzare il rischio dei soggetti e massimizzare i benefici”», laddove per loro stessa natura «gli human challenge trials sembrerebbero contraddire questo precetto di base».

La pratica medica, infatti, si propone la cura della singola persona, non certo il suo danneggiamento intenzionale, come sancito anche nell’articolo 2 della Convenzione di Oviedo, il primo «strumento giuridico internazionale che protegge la dignità, i diritti e le libertà dell’essere umano contro ogni abuso di progresso della biologia e della medicina» e che stabilisce che «l’interesse dell’essere umano deve prevalere sull’interesse della scienza o della società». Si tratta della base etica fondante della cultura occidentale: «il valore di ogni singola persona è immensamente superiore a qualsiasi vantaggio che la società possa ottenere dal suo sacrificio», ricorda ancora la Morresi.

Eppure, di fronte al CoViD-19, l’OMS arriva a superare anche il documento del 2016, laddove veniva definito che i volontari non potevano subire danni significativi e non potevano rischiare di morire. Per il Covid-19, infatti, non sono ancora evidenti terapie certe e il rischio di mortalità è una possibilità effettiva, eppure viene proposto un documento specifico, Key criteria for the ethical acceptability of Covid–19 human challenge studies, in cui vengono indicati ben otto criteri per cui gli HCS sul CoViD-19 siano eticamente accettabili, nonostante mettano ad alto rischio i volontari.

Volontari: eroismo, logica, oppure…

Eppure già più di 32mila persone si sono rese disponibili, rispondendo all’appello del sito 1daysooner: principalmente giovani, la categoria più indicata a partecipare per minimizzare il rischio di morte o danni permanenti. Le Faq del sito parlano chiaro: tra i rischi di partecipare all’Human Challenge Trial per il coronavirus ci sono malessere, malattia grave e in rari casi anche la morte. Viene altresì sottolineato come la sperimentazione non dovrebbe costare denaro in alcun modo ai partecipanti. Perciò verranno risarciti per le spese di viaggio, la perdita di tempo, infortuni e così via.

Resta un’ultima inquietudine: sarà la logica stringente alla Spock, a spingere tante persone a immolarsi per il bene comune? Un impeto di personale eroismo, una chiamata a sollevare il mondo dalla sofferenza?

Oppure, come fa notare sempre la Morresi, «il corrispettivo economico è il principale incentivo ed è quindi più facile che i volontari siano persone bisognose. Ed ecco ripresentarsi la vecchia questione della compravendita del corpo umano e delle sue parti, con l’ambiguità della dicitura “rimborso” che spesso maschera un vero e proprio compenso». Non dunque, il bene dei molti raggiunto a scapito di un disagio per i pochi, ma il benessere di “alcuni” raggiunto a spese di chi già si trova nel bisogno.

Tags: CoViD-19Spockvaccini
Cristina Tamburini

Cristina Tamburini

Cristina Tamburini, laureata in Filosofia con una tesi in Antropologia filosofica sull'utilitarismo contemporaneo, moglie e mamma di sette figli, non ha mai abbandonato lo studio e la passione per l’antropologia filosofica, l’etica e la bioetica. Ha tradotto in italiano diversi testi, fra i quali Azione e condotta: Tommaso d’Aquino e la teoria dell’azione di Stephen L. Brock e Intenzione di G. Elizabeth M. Anscombe, estendendo i propri interessi alla Teologia (in particolare all’Escatologia e alla Dottrina sociale della Chiesa). Ha curato il blog Sì, sono tutti miei! per raccontare e approfondire il maternage e la quotidianità in una famiglia numerosa.

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