Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:14 pm
La prima domenica di Avvento ha portato una buona novella ai cattolici in Francia. È di due giorni fa, infatti, l’ordine del Consiglio di Stato al governo di rivedere entro domani il decreto che limita a trenta persone il numero di partecipanti alle cerimonie religiose. I giudici hanno chiesto l’adozione di «misure strettamente proporzionate per vigilare sui raduni e le riunioni negli edifici di culto».
Genesi di un successo
È un ulteriore passo verso il ripristino delle cerimonie in condizioni (quasi) di normalità. In un primo momento il governo transalpino aveva vietato il culto pubblico; decisione in grado di suscitare una rivolta di popolo abbracciata dall’episcopato e dai laici. Oltre a un primo ricorso dei vescovi al Consiglio di Stato, poi bocciato, si erano susseguiti raduni di fedeli fuori le chiese per pregare e rivendicare il diritto a partecipare alla Messa. La pressione esercitata sull’esecutivo aveva spinto Emmanuel Macron il 24 novembre a rivedere questa misura, riaprendo le chiese ma limitando l’ingresso durante le celebrazioni a trenta persone. Il limite era stato fin da subito contestato dai cattolici, che lo hanno ritenuto «assurdo» e «inapplicabile».
Il nuovo ricorso
Di qui, il 27 novembre, il nuovo ricorso al Consiglio di Stato, finalmente vinto, da parte della Conferenza episcopale. Aveva reagito con particolare veemenza al limite di trenta persone l’arcivescovo di Parigi mons. Michel Aupetit, che in un’intervista a Radio Notre Dame ha espresso un ragionamento di buonsenso: un conto sono trenta persone in una piccola chiesa di paese, altro discorso dovrebbe valere per cattedrali di città come Parigi che possono ospitare fino a duemila persone. E mons. Hugues de Woillemont, segretario generale dei vescovi francesi, ha rilevato, al portale La Vie, che quello religioso è «l’unico settore in cui si impone un numero limitato di persone». Considerazione che ha spinto il presule a chiedere al governo di «onorare il diritto fondamentale alla libertà di culto».
Una protesta giovane
Ma, come dicevamo, oltre alla fermezza dei vescovi, ha svolto un ruolo fondamentale in questa battaglia di libertà l’attivismo dei laici. Molto vivace l’associazione Pour la Messe, composta in gran parte da ventenni, il cui presidente Jean-Benoît Harel ha rivendicato in un’intervista al sito L’Etudiant Libre l’importanza della comunione fisica. «Non puoi appartenere a una comunità attraverso uno schermo», ha detto. «Non puoi partecipare pienamente alla Messa da dietro uno schermo». È poi diventato virale sui social l’hashtag #RendezNousLaMesse, che ha rappresentato un vero e proprio «richiamo del corno» virtuale aggiornando i fedeli sui raduni di preghiera all’aperto avvenuti in tutto il territorio nazionale, fino a domenica scorsa. Queste iniziative hanno imposto una riflessione a tutta la società civile.
La vittoria del cattolicesimo militante
Insomma il dibattito pubblico e poi la vittoria dinnanzi al più alto Tribunale amministrativo di Francia rappresentano la riscossa del cattolicesimo militante. Quando c’è unità tra pastori e popolo nel rivendicare fermamente i propri diritti calpestati di fronte all’autorità civile la vittoria non è affatto preclusa. L’obiettivo è ora ottenere che lo Stato conceda alle chiese di riempirsi fino a un terzo delle proprie capacità. Le trattative tra Conferenza episcopale e governo sono iniziate. Domani il verdetto.
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