Impaludati ancora nella questione demografica

Se ne occupa l’Osservatorio nazionale sulla famiglia, ma diventa sempre più tardi

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Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:45 pm

Un seminario online fa il punto sulla drammatica situazione italiana

Che la situazione demografica in Italia versi in condizioni devastanti è argomento ben noto, recentemente portato alla ribalta anche dagli Stati generali della natalità: nel 2020 l’Italia ha superato il record negativo delle nascite dall’Unità, con quasi 16 mila parti in meno rispetto al 2012. I residenti in Italia diminuiscono (nel 2020 è sparita una quantità di popolazione paragonabile alla città di Firenze). Con meno nati e meno contribuenti, il sistema del welfare italiano rischia il collasso. Il tasso di fecondità delle donne italiane è pari a 1,27 (ben al di sotto della media europea di 1,53). Grave anche il dato che sottolinea la posticipazione dell’età del primo parto, che ha raggiunto i 32,3 anni.

Ma se non spetta alla politica trovare le soluzioni per una educazione alla vita che apra alla natalità (le famiglie difendono e proteggono ancora, per quel che possono, questo loro compito educativo), è pur vero che alle istituzioni tocca la responsabilità di rimuovere gli ostacoli che penalizzano famiglia e natalità.

A questo tema importante e drammatico è stato opportunamente dedicato un seminario online il 15 luglio, promosso dal Dipartimento per le politiche della famiglia, coordinato da Alessandro Rosina, tra l’altro autore di Non è un paese per giovani. L’anomalia italiana: una generazione senza voce.

Quale futuro per l’«inverno demografico»?

In un sistema di welfare fortemente sbilanciato verso la cura degli anziani, con una spesa per i servizi sanitari e il sistema pensionistico tra le più alte d’Europa, è necessario escogitare interventi che rallentino lo squilibrio demografico cui – parole di Giovanni Morleo di Confindustria – le scelte sbagliate fatte in passato ci hanno portato. Le scelte operate oggi avranno effetti nei prossimi decenni, speriamo di non essere – come è stato paventato – già in ritardo.

Fioccano, ovviamente, le proposte ed indicazioni riguardo l’empowerment femminile, il potenziamento dei servizi educativi e socio-assistenziali, la revisione dei permessi e congedi parentali in vista di flessibilità. Interessante la sottolineatura della CISL, per bocca di Silvia Stefanovichj, secondo cui è necessario ribaltare il paradigma per cui un genitore che lavora ha diritto a congedi e permessi per occuparsi del figlio: in realtà bisogna partire dal diritto del bambino di trascorrere del tempo col proprio genitore. Più che “costringere” i papà a farsi carico di occupazioni prettamente femminili – come il suggerimento di quattro mesi di congedo parentale non trasferibili da un genitore all’altro porterebbe ad attuare – iniziare a elaborare strategie che partano dai diritti del bambino è decisamente una posizione da valorizzare.

Ilaria Antonini, capo del Dipartimento delle politiche alla famiglia, rinvia perciò alla piattaforma ParteciPa, dove chiunque può intervenire (la raccolta dei contributi è prevista fino al 15 ottobre) con contributi sul nuovo Piano Nazionale della Famiglia. Sullo stesso portale è già possibile consultare la Sintesi dei lavori sulla Questione demografica.

La vera speranza, quella che infiamma il cuore di una moglie e mamma che assiste ad un simile incontro tra “addetti ai lavori”, è che le analisi servano davvero come spunto all’azione, una azione multidisciplinare, sinergica, coordinata e costruttiva, ovviamente, ma, soprattutto concreta. Concreta come la vita quotidiana delle persone reali, che i dati si limitano a fotografare dentro una misura statistica, ma che vivono, lavorano, si muovono nella realtà ogni giorno. Padri, madri, nonne e nonni, giovani e ragazzi che guardano il futuro con il desiderio che le loro aspirazioni trovino compimento, e che la società diventi veramente – sostenuta dalla politica – un luogo di fioritura reale dell’umano.

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