Il paradosso tedesco del «suicidio assistito»

Legalizzato in teoria, opportunamente vietato nella pratica. E in Italia, cosa sta succedendo?

Bandiera della Germania

Image from Pixabay

In Italia, i cittadini sono soliti lamentarsi un po’ semplicisticamente degli arzigogoli della legge e dei vari azzeccagarbugli che su di essi campano, ma tanto per restare sul terreno dei luoghi comuni a quanto pare tutto il mondo è paese. O Paese. In Germania, per esempio, lo status del cosiddetto «suicidio assistito» è stato definito come paradossale.

Due anni fa, nel febbraio 2020, la Corte costituzionale di Karlsruhe aveva stabilito il «diritto» assoluto di ogni tedesco di decidere di sé in modo totale, sino alla morte, da procurarsi anche con l’aiuto di terzi e pure non in caso di malattia terminale. Questo è il significato, infatti, dell’annullamento dell’articolo 217 del Codice penale, che in precedenza vietava la possibilità alle associazioni per l’assistenza al suicidio e per le cure palliative (curiosamente accomunate nel discorso) di fornire al paziente gravemente malato un sostegno nel portare a termine la decisione di togliersi la vita. 

Pochi giorni fa, però, il tribunale amministrativo regionale superiore di Münster, città della Renania Settentrionale-Vestfalia, ha confermato che il Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (BfArM), cioè l’Istituto federale per i farmaci e i dispositivi medici, con sede a Bonn, «[…] non è obbligato a consentire a persone che abbiano deciso di suicidarsi l’acquisto» dei farmaci letali da utilizzare allo scopo.

Tre persone che si erano rivolte al BfArM, quindi, si sono viste negare il permesso per comperare gli “strumenti” per suicidarsi, benché nella teoria sia loro permesso togliersi la vita, facendosi aiutare da altri. Ciò era già accaduto, in precedenza, per 225 richieste analoghe.

Il BfArM può concedere infatti autorizzazioni speciali «[…] per farmaci che servono a curare o alleviare malattie o disturbi patologici», afferma la sentenza, laddove un permesso «[…] finalizzato all’uso di stupefacenti per suicidio non serve a garantire le cure mediche necessarie».

La sentenza ha aggiunto che «[…] spetta a un governo eletto democraticamente modificare la legge» sull’acquisizione di droghe letali, ma che nel frattempo tale pratica rimarrebbe illegale.

Eugen Brysch, presidente della Deutsche Stiftung Patientenschutz, la Fondazione tedesca per la protezione dei pazienti, ha accolto favorevolmente la decisione del tribunale e ha dichiarato che «è positivo che i legislatori non possano essere costretti ad ammorbidire il chiaro divieto della fornitura di agenti letali».

In Italia, al momento, resta da vedere cosa sarà di «Mario», cui il Comitato etico della ASL delle Marche in assenza di una legge che lo permetta avrebbe invece “concesso” di morire, e di morire di Pentothal, dopo la sacrosanta dichiarazione della Corte costituzionale di inammissibilità del referendum per la depenalizzazione del «suicidio assistito».

Exit mobile version