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Il «Decreto infrastrutture» discrimina me

Un pezzo di «Ddl Zan» travestito da lampadina fulminata. Resta la domanda al mucchio selvaggio che osanna il governo

Marco Respinti di Marco Respinti
05/11/2021
in Editoriali, Politica
422
Reading Time: 5 mins read
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Decreto infrastrutture
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Last updated on Novembre 12th, 2021 at 10:04 am

Ieri, con 190 voti favorevoli e 34 contrari, il Senato ha approvato il cosiddetto «Decreto infrastrutture». Lo ha fatto esprimendosi sul voto di fiducia posto dal governo.

Che cos’è il voto di fiducia? È la prova d’amore. Quando un governo tiene particolarmente a una questione ma c’è il rischio di andare sotto, detto governo smette di sfogliare la margherita del «m’ama, non m’ama» e appone il sigillo dell’aut aut: o me o non ti avrà nessun’altro. In questo modo i partiti politici innamorati di quel governo volitivo rimettono in tasca qualsiasi critica e, per il “bene superiore” dell’esecutivo, danno al governo quel “ti amo” che per il governo è un mandato in bianco.

Ieri in Senato è stata suonata una romanza così e il «Decreto infrastrutture» è passato senza modifiche, nella medesima redazione del testo approvata alla Camera il 28 ottobre.

Nel decreto vi sono diverse misure che non sono tema di «iFamNews», ma una sì, questa: «È vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche».

La cosa interessa «iFamNews» perché «iFamNews» è assolutamente contrario a «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche».

Anzi, da tutto ciò siamo assolutamente preoccupati. Siamo preoccupati perché, grazie al «Decreto infrastrutture», saranno sanzionabili tutti i messaggi che chi ritiene tali messaggi essere sanzionabili giudicherà essere sanzionabili. A decidere se e quando un messaggio sia sessista, violento o stereotipato, se e quando un messaggio violi le libertà individuali, i diritti civili e politici o discrimini il credo religioso, l’appartenenza etnica e l’orientamento sessuale del sottoscritto sarà cioè qualcuno che deciderà in base a una logica che non conosco, vale a dire che darà a ognuna e a tutte quelle parole un significato che mi è oscuro. Un significato che potrà essere sensato oppure no: nessuno lo sa.

Ebbene, io mi sento già profondamente leso, offeso e discriminato. Come faccio, infatti, a dormire sonni tranquilli se nello Stato di cui sono cittadino pagante le tasse non ho certezza del diritto e non so quali siano i criteri che ne ispirano le leggi, se, con la scusa di proteggere un amico del giaguaro, in detto Stato che mi tiene in pugno potrò essere spavaldamente leso, offeso e discriminato nella mia libertà, nella mia sensibilità, nei miei orientamenti e nel mio credo?

Io, marito e padre eterosessuale di color bianco, mi sento offeso, vilipeso e violentato ogni giorno da un numero esagerato di pubblicità, di fiction, di film, di talk show, di trasmissioni radiofoniche, di messaggi via social media. Mi sento così perché quei messaggi sono violenti e discriminatori di ciò che io sono, divisivi nell’offendere la cultura in cui mi riconosco, lesivi nello sputare sulla natura che mi costituisce in quanto persona e sulla scienza cui la ragione umana perviene, cattivi cioè contro di me cittadino italiano, contribuente, marito, padre, cattolico, bianco (con un mucchio di amici di tutti i colori) ed eterosessuale, dotato del sacrosanto diritto inalienabile di esprimere civilmente ed educatamente, fermamente e documentatamente, la mia opposizione all’ideologia omosessuale, all’aborto, e così via.

Perché il criterio a me ora ignoto della legge potrebbe decidere di stabilire ideologicamente che la mia libertà non vada tutelata soltanto perché la esercito in maniera diametralmente opposta ad altri?

Che bisogno c’è di quella petizione di principio nel «Decreto infrastrutture» se non per dotarsi di strumenti censori? Perché, se qualcuno, prima del «Decreto infrastrutture», avesse promosso «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche», avrebbe potuto farlo? Avrebbe potuto qualcuno usare terminologie scurrili, messaggi di odio, epiteti e volgarità offendendo a destra e a manca? No, perché la legge vigente ovviamente lo impedisce.

Anzi, mi correggo: la legge corrente lo impedirebbe, ma se e quando i suddetti messaggi volgari, violenti e discriminatori sono di un certo tipo, possono tranquillamente passare. Risfogliate le pagine di «iFamNews» e troverete le nostre denunce di pubblicità volgari, sessuomani, sessiste, persino pornografiche o disinvoltamente fondate su fake news.

Lo UAAR, l’Unione degli atei agnostici e razionalisti, ha fatto per esempio circolare sulle strade italiane una pubblicità a quattro ruote per sostenere che il RU486 è una conquista da difendere. Ora, il RU486 uccide la creatura più indifesa: un piccolino nel ventre dalla propria mamma. Uccidere un essere umano è una cosa brutta. Il Pontefice dice pure che è un omicidio. Il RU486 fa anche male alla mamma, lo dimostra la scienza medica. Se io da tutto ciò traessi una pubblicità contro il RU486 potrei essere sanzionato, ma l’UAAR che definisce «conquista da difendere» uno strumento che dà la morte a un innocente no?

Solo ieri scrivevamo che il «Ddl Zan», cacciato benemeritamente dalla porta, sarebbe rientrato presto grazie all’Unione Europea dalla finestra e in dimensione continentale. Lorsignori non si scomodino, l’Italia ci ha già pensato da sola.

Un’Italia con tanti amanti, tutti pronti a spedire fiori e messaggini al suo governo, amanti che in una legge sulle urgenze di viabilità e trasporto, appunto la n. 121/2021, approvano il magheggio di chi riesce a infilare una buona parte di quanto lo stesso parlamento ha appena bocciato votando sul «Ddl Zan».

Il governo Draghi è davvero un governo di maghi. Esecutivo di tecnici animati solo da uno scopo, approva misure altamente ideologiche e liberticide travestendole da manutenzione ordinaria delle lampadine stradali fulminate. E quei suoi molti amanti, cioè le forze-politiche-quasi-tutte che lo sostengono e a cui «iFamNews», allorché esso nacque, chiese come avrebbero fatto a conciliare la propria opposizione all’ideologia anti-vita e anti-famiglia con il sostegno a un governo che annovera alfieri e ministri dell’ideologia anti-vita e anti-famiglia, continuano a lasciarci a bocca aperta per la loro bocca buona.

Tags: ddl ZanHighlightVetrina
Marco Respinti

Marco Respinti

Marco Respinti è stato il direttore di International Family News fino alla fine del 2022.Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal (Mecosta, Michigan), è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal (L’Aia, Paesi Bassi). Membro del Comitato editoriale del periodico The European Conservative e del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief, è direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e, sul web, di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights.

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