In Italia la “festa dei nonni” si celebra il 2 ottobre. Nata nel 2005, decretata ufficialmente con la Legge 159 del 31 luglio di quell’anno, anche il presidente della repubblica partecipa alla festa, premiando ogni anno “i nonni migliori d’Italia” con onorificenze speciali.
È una festività civile che però, come spesso nel nostro Paese, trae origine dalla tradizione cattolica, che in quel giorno del calendario ricorda gli angeli custodi, poiché l’angelo custode si comporta con i nipoti un po’ come un nonno attento e affettuoso, che corregge, sì, quando c’è bisogno, ma che soprattutto protegge e accompagna.
Nella letteratura per l’infanzia di una volta, si ricordano numerose figure di nonni, talvolta un po’ burberi e scontrosi, che ammorbidiscono ogni asprezza nel rapporto con i nipoti: il conte di Dorincourt ne Il piccolo lord di Frances H. Burnett, il nonno di Heidi, scritto da Johanna Spyri, l’anziano James Lawrence, nonno di Laurie, in Piccole donne di Louise May Alcott.
E come dimenticare George e Georgina e Joe e Josephine, rispettivamente nonni paterni e materni di Charlie Bucket, piccolo eroe de La fabbrica del cioccolato di Roald Dahl?
In letteratura però il nonno, o meglio l’avo, per antonomasia, è naturalmente Anchise. Principe troiano, figlio di Capi e padre di Enea, che gli fu generato nientemeno che da Venere, racconta Virgilio, nell’Eneide, «che, quando Troia cadde, Anchise, vecchio e stanco, acconsentì che il figlio lo prendesse sulle spalle e lo ponesse in salvo solo dopo che alcuni segni miracolosi gli mostrarono essere volere celeste che egli lo accompagnasse nell’esilio» (cfr. Eneide, II 634-704).
Era, prosaicamente, il nonno di Ascanio, fondatore di Alba Longa, antichissima città laziale, e di una lunga dinastia di re albani, da cui discese a propria volta Rea Silvia, madre dei gemelli Romolo e Remo… di qui Roma, caput mundi, e un inanellarsi di nonni, celebri e no, che giungono sino a noi. Tanto per ricordare da dove veniamo.
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