Negli ultimi anni la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia è diventata un appuntamento sempre più istituzionalizzato, con tanto di discorsi da parte del presidente della repubblica e di alte importanti cariche dello Stato. Al tempo stesso, però, questa Giornata – che si celebra domani, 17 maggio – viene usata per imporre un’ideologia che vuole scardinare principi importanti del nostro ordinamento: dalla famiglia fondata sul matrimonio (come stabilito dall’art. 29 della Costituzione) al consenso informato. «iFamNews» ne parla con Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia onlus e portavoce della manifestazione «Scegliamo la vita», in programma sabato a Roma.
Fino a che punto possono essere conciliati i princìpi della lotta alle discriminazioni con la difesa della famiglia naturale e della libertà educativa?
In primo luogo credo si debba sgomberare il campo da alcuni equivoci. Sono convinta che la scuola possa e debba sostenere i genitori nell’educare i figli al rispetto della dignità di ciascuno senza condizioni. A questo principio non siamo contrari. Io stessa sto educando i miei figli affinché possano rispettare tutti, a prescindere. Il problema di questa Giornata però è che, con la scusa di educare al rispetto e contro il bullismo, si incoraggia a entrare nelle scuole a parlare di identità di genere, omosessualità, transgenderismo, famiglie omogenitoriali e utero in affitto a bambini di sei anni che avrebbero il diritto a vivere la loro età per quella che è, senza essere confusi, né traumatizzati. Tutto questo, oltretutto, è figlio di un approccio e di un’ideologia che il mondo sta riconoscendo come dannosi.
A quali danni si riferisce in particolare?
Quando, nel 2013, iniziammo a denunciare l’ideologia gender, dicendo che faceva male ai bambini e che li confondeva, ci veniva risposta che erano nostre supposizioni. Oggi invece non sono più supposizioni, è la realtà che ci dà ragione: tutti i Paesi che hanno promosso la teoria gender e il suo approccio non scientifico, stanno tornando sui propri passi, perché si sta rivelando una sperimentazione sulla pelle dei bambini e dei ragazzi. Persino i massimi esperti medici nell’ambito della transizione di genere e gli stessi transgender stanno lanciando l’allarme sui traumi e le ferite indelebili che si infliggono a bambini e adolescenti. A bambine di 13-14 anni che dicono di “sentirsi maschi” e di non riconoscersi nel proprio corpo, vengono asportati i seni e somministrati farmaci che bloccano la pubertà, senza minimamente indagare dove sia il reale problema. Si tratta di un esperimento ormai fallito, quindi, perché andare avanti? Ogni ideologia paga un prezzo molto alto con la realtà e il prezzo lo pagano i bambini e gli adolescenti. Questo non lo possiamo permettere.
Proprio in vista della Giornata di domani, il Ministero dell’Istruzione ha diffuso una circolare che incoraggia l’“approfondimento” scolastico di temi legati all’omofobia, alla bifobia e alla transfobia. Per quale motivo in particolare Pro Vita & Famiglia si è opposta a questa circolare?
Prima di rispondere faccio notare una cosa: questa circolare è partita dal Ministero almeno una dozzina di giorni prima della Giornata contro l’omofobia. Lo scorso 2 aprile si era tenuta la Giornata mondiale sull’autismo e la circolare del Ministero a riguardo era stata diffusa appena il giorno prima. Questa disparità mostra quale sia la portata ideologica della Giornata di domani. Noi abbiamo chiesto in modo molto chiaro al Ministero dell’Istruzione di non approfittare della Giornata per parlare di temi che non c’entrano nulla con il bullismo, come, appunto, l’identità di genere, la transizione di genere, l’utero in affitto, la famiglia omogenitoriale. Tutti temi su cui la sensibilità delle persone non è affatto unanime. Detto ciò, la cosa gravissima di quella circolare è che non è chiarito, non è riportato che bisogna chiedere il permesso ai genitori per parlare di temi che non sono quelli curricolari. Lo prevede la nota ministeriale 19534 del 20 novembre 2018, relativa all’ampiamento dell’offerta normativa, per la quale è sempre necessario il consenso informato. Chiediamo ai genitori di stare con gli occhi ben aperti. Per carità, accoglienza incondizionata per tutti ma non confondete i più piccoli, per favore.
È possibile una minima forma di dialogo con gli esponenti LGBT+, che spesso attaccano in modo violento le associazioni familiari?
È necessario uno sguardo di benevolenza. È necessario ricordarci che a scontrarsi sono due antropologie. Noi siamo schierati contro una di queste due antropologie ma non siamo contro nessun uomo. È necessaria l’accoglienza incondizionata della dignità di ogni uomo. Detto ciò, rimangono dei punti inconciliabili. Faccio un esempio: l’onorevole Elio Vito aveva diffuso un tweet in cui affermava che, secondo lui, il disegno di legge per rendere l’utero in affitto un reato universale calpesterebbe dei diritti. Ecco, io non posso accettare il fatto che comprarsi un bambino possa essere un diritto. Non è un diritto strappare un bambino a una mamma, non è un diritto nemmeno sfruttare il corpo delle donne. Però, posso accogliere il fatto che questo finto diritto nasce da un desiderio che è quello di amare e di essere amati. Dobbiamo evitare di scadere in un “derby” antropologico, per cui io sono buona e qualcun altro è cattivo. Dovremmo invece guardare l’uomo. Il nostro lavoro è quello di uscire da questo “derby”. Per concludere, la Giornata contro l’Omofobia è negativa, perché è impostata come un “derby” ideologico, di cui i nostri figli pagano il prezzo più alto.