Giappone, ricorso in appello contro il divieto di “nozze” gay

Non si ferma la vicenda giudiziaria iniziata l’anno scorso a Sapporo. In gioco, l’adozione di minori da parte di coppie dello stesso sesso

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Pare che per il momento non trovi soluzione, in Giappone, la vicenda che vede contrapporsi alcune coppie di persone dello stesso sesso che chiedono a gran voce di “sposarsi” e le autorità governative e giudiziarie del Paese che, quantomeno, tentennano. Dopo due sentenze di tribunale di segno opposto, infatti, gli aspiranti “coniugi” giovedì presenteranno ricorso in appello a un’assise superiore.

Nel 2020, l’allora primo ministro nipponico Shinzō Abe, del Partito Liberale Democratico, confermava l’illegittimità del “matrimonio” same sex in Giappone sulla base dell’articolo 24 della Costituzione, che richiede necessariamente il consenso libero di un uomo e di una donna.

Nel 2021, un tribunale della città di Sapporo aveva invece dichiarato incostituzionale tale norma, appellandosi all’articolo 14 sulla «non discriminazione» e sostenendo le istanze presentate da alcune coppie di persone omosessuali che desideravano invece convolare a nozze.

Si giunge alla terza puntata il 20 giugno, quando il tribunale distrettuale della città di Osaka ha stabilito che il divieto di “matrimonio” fra persone dello stesso sesso è invece in linea con la Costituzione del Paese, rigettando fra l’altro la richiesta di risarcimento avanzata dalle coppie. Ed è qui che si inserisce il ricorso in appello di alcune delle persone coinvolte, che hanno annunciato le proprie intenzioni alla stampa la settimana scorsa.

Attualmente, alcune sezioni territoriali delle grandi città giapponesi, per esempio i quartieri speciali di Shibuya e Setagaya a Tokyo, riconoscono il partenariato omosessuale, e così le prefetture di Ibaraki e di Osaka. La capitale nella sua interezza implementerà la medesima normativa in autunno.. Numerose amministrazioni locali, 218, per la precisione, ammettono la partnership tra persone dello stesso sesso, riconoscendo loro anche alcuni diritti, che riguardano per esempio le visite in ospedale al compagno o alla compagna, oppure l’assegnazione di appartamenti in affitto.  Ma non basta, e le coppie di persone dello stesso sesso coinvolte chiedono equiparazione completa delle unioni civili e un matrimonio in piena regola.

Fra i querelanti vi sono Machi Sakata e la sua partner Theresa Stieger, di nazionalità statunitense. Le due donne sono legalmente “sposate” negli Stati Uniti d’America e Theresa Stieger attende un bambino, che nascerà ad agosto. Secondo la legge attuale, Machi Sakata non potrà vantare la potestà genitoriale sul bambino, dal momento che la Stieger è la madre biologica del nascituro. Il bambino non potrà godere della doppia cittadinanza, bensì solo di quella statunitense, come la madre.

Perché, naturalmente, è di questo che si sta parlando, come «iFamNews» osservava di recente. La posta in gioco consiste, tutta o quasi, in Giappone e altrove, nell’adozione di minori. Oggi, del figlio concepito dalla partner. Domani, di un bambino chissà come ottenuto, “magari” da una coppia di uomini, “magari” tramite la pratica aberrante dell’«utero in affitto», in patria o all’estero. Altrimenti, si griderà alla discriminazione.

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