Gennaio-marzo 2022, un ottimo trimestre pro-life

Negli Stati Uniti tira aria di sconfitta per le «lobby» abortiste, battute ai punti dalle nuove normative per la vita nascente

L’ultimo caso, pochissimi giorni fa, è quello dello Stato dell’Oklahoma, la cui Camera ha approvato l’«House Bill 4327» che «vieta quell’omicidio di una piccola vita umana indifesa e innocente nel grembo della propria mamma che chiamiamo aborto in qualsiasi momento della gravidanza, tranne nei casi di incesto e stupro o se la donna incinta è in pericolo di vita. È una legge grande, grandissima, ancora più restrittiva delle benemerite leggi salvavita del Texas e dall’Arizona».

Ma sono stati numerosi in questa prima parte del 2022, benché non possano mai essere considerati troppi, i provvedimenti presi a livello locale dagli Stati Uniti d’America per limitare e restringere, se non addirittura vietare, l’accesso all’aborto, chirurgico o farmacologico. E leggere il tono allarmato dell’ultimo rapporto del Guttmacher Institute che li elenca, sinceramente, dà una certa soddisfazione.

Il titolo del rapporto è 2022 State Legislative Sessions: Abortion Bans and Restrictions on Medication Abortion Dominate. È stato pubblicato inizialmente il 16 marzo, per essere poi aggiornato a rotta di collo grazie agli ultimi successi che la lotta alla cultura di morte ha mietuto per esempio nell’Idaho e nel South Dakota, e oggi l’analisi copre sino al 24 marzo compreso. Vale davvero la pena di essere letto per intero.

«Il numero totale di disposizioni sulla salute sessuale e riproduttiva e sui diritti relativi che sono state introdotte fino al 24 marzo è di 1.885 in 46 stati e nel District of Columbia», vi è scritto. E poi «ciò include sia le restrizioni sia le misure proattive. Restrizioni all’aborto introdotte: 525 restrizioni in 41 Stati. Restrizioni all’aborto che hanno superato almeno una Camera: 48 in 13 Stati. Restrizioni all’aborto emanate: 8 in 4 Stati; Idaho (1), Indiana (2), South Dakota (4) e Wyoming (1)».

Particolarmente in bilico a livello istituzionale pare il destino dell’accesso all’aborto farmacologico, che pure nel 2020 ha raggiunto la percentuale del 54% di tutti gli aborti praticati e che sempre più viene proposto come soluzione “rapida, sicura e indolore” al “problema” di una gravidanza considerata “indesiderata”.

Ciò che preoccupa il Guttmacher, insieme agli attivisti a favore dell’aborto e alle cliniche che li praticano a suon di soldoni, è il destino globale della Roe vs. Wade, la sentenza che nel 1973 ha reso l’aborto non illegale negli Stati Uniti, di cui oggi vedono traballare sin le fondamenta.  «Nel 2021, le legislature statali hanno stabilito un record allarmante di 108 restrizioni all’aborto emanate in 19 Stati», si legge nel rapporto. «Con il destino di Roe v. Wade in bilico alla Corte Suprema degli Stati Uniti , il 2022 si preannuncia ancora più devastante per i diritti e l’accesso all’aborto». E meno male.

«I politici contrari alla cessazione volontaria della gravidanza puntano sulla maggioranza anti-aborto di 6 a 3 nella Corte Suprema, per indebolire o ribaltare completamente la Roe vs. Wade. Stanno inondando preventivamente gli organi legislativi con progetti di legge restrittivi, nella speranza che le protezioni federali per il diritto all’aborto spariscano presto». Non si può dar loro torto.

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