Ci risiamo: tornato di nuovo al mittente l’emendamento al decreto legge “Milleproroghe”, ennesimo tentativo da parte dei giallorossi di far passare la liberalizzazione della cannabis light con l’obiettivo dichiarato di «sostenere la filiera agroalimentare della canapa e di garantire l’integrità del gettito tributario derivante dalle attività di commercializzazione e vendita di prodotti a base di canapa operanti sul territorio nazionale, nonché di salvaguardare i livelli occupazionali del settore» (Proposta di modifica all’articolo 34). Intanto il senatore del Movimento 5 Stelle (M5s) Matteo Mantero fa sapere dalla propria pagina Facebook, di avere “finalmente” depositato la versione definitiva del disegno di legge “Manifesto per la cannabis libera”. Un nome, un programma.
Mantero sottolinea l’urgenza della questione, in particolare in riferimento alla lotta alla criminalità organizzata, cui imputa tutta la responsabilità del passaggio dalla cannabis a sostanze più pesanti, che danno «maggior dipendenza». Effettivamente non ha torto: la droga, leggera o pesante che dir si voglia, dipendenza ne dà. Sempre.
Duecentocinquanta, tra associazioni e aziende, si sono fatte promotrici del “Manifesto per la cannabis libera”, un totale di 35mila cittadini, anche se Mantero ne sbandiera 41mila. Gli abitanti di Desio, o di Ladispoli, comunque. Non esattamente un plebiscito.
Tra i promotori un nome spicca, quello della «prima realtà esterna al settore cannabico»: Friday for future Prato. Tra uno sciopero e una degustazione di insetti, quei giovani toscani preoccupati per il futuro del pianeta si sono presi a cuore «la profondamente ingiusta criminalizzazione della canapa». Guardiamo per esempio la famosa Hemp Body Car di Henry Ford (1863-1947): la canapa è la materia prima ecologica per definizione. Difendiamola!
A non andare a scuola, si sa, si resta ignoranti, come quelli (giovani e meno giovani) che ignorano la distinzione tra la canapa e la cannabis: non è proprio un dettaglio di poco conto. Si tratta della stessa pianta, ma la varietà, il quadro genetico, è differente. La cannabis è l’unica tipologia di canapa a presentare una quantità di THC (uno dei suoi maggiori e più noti principi attivi) che va dallo 0,3% in su e la marijuana è sì un termine messicano per canapa, ma indica specificatamente la varietà usata in ambito “ricreativo”. Non si tratta cioè di una parolaccia introdotta dai proibizionisti cattivi per dispregiare la canapa, solo della sua variante “da sballo”.
Lei, la povera canapa industriale, pare non abbia mai fatto del male a nessuno, a differenza della sorella cannabis. Infatti non è discriminata proprio per niente. Definita «l’Oro Bianco d’Italia», più di 3mila ettari di territorio sono adibiti a questa produzione, e già nel 1876 il Linificio e Canapificio Nazionale era una società quotata in borsa: a oggi una delle più antiche e longeve realtà industriali italiane.
Con la canapa si fanno le fasce per portare i bambini e persino i pannolini lavabili. Pare insomma che neppure Ford si fumasse la propria automobile…
Che i ragazzi continuino allora pur serenamente a lottare contro la plastica e a mangiare insetti, speriamo solo quelli, bevano dalle borracce colorate (chi non ne ha almeno una?), ma se l’angoscia per i cambiamenti climatici li assale a tal punto che farsi una canna pare l’ultima soluzione, non confondano, però, le battaglie. Che la “svista” sia capitata a dei ragazzini, transeat – fino a un certo punto –, ma che le forze politiche della Sinistra vedano la preoccupazione per la “filiera agroalimentare” come movente per un ennesimo tentativo di liberalizzare lo sballo, anche no. L’ecologica canapa industriale sta benone, ed è possibile coltivarla, trasformarla, commercializzarla e acquistarla come e quanto aggradi. Quanto all’angoscia esistenziale (adolescenziale o meno), pare che le canne non siano la risposta. C’è anzi chi sostiene che siano parte del problema…