Fecondazione artificiale: soddisfatti o rimborsati?

Volevano una figlia femmina, hanno avuto un maschio: due lesbiche fanno causa alla clinica

Image from Pixabay

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Se un cliente acquista un prodotto in un supermercato e, una volta aperta la confezione, si accorge che il prodotto non corrisponde a quello descritto sull’etichetta ha il diritto di far valere le proprie ragioni con il supermercato. Ebbene, la medesima logica commerciale è stata adottata da due donne lesbiche statunitensi per un bambino che “hanno avuto” attraverso la fecondazione artificiale.

Le rassicurazioni

Come rileva il quotidiano statunitense New York Post, la coppia, cioè Heather Wilhelm-Routenberg e «Robin» (Robbie) Routenberg-Wilhelm, aveva desiderio di avere un bambino, ma solo a patto che fosse stato di sesso femminile. La ragione è che una delle due donne, Heather, sarebbe stata aggredita sessualmente in due occasioni ai tempi del college e pertanto non vuole più avere a che fare con il sesso maschile. Le due donne si sono rivolte così alla clinica per la fertilità CNY, a Latham, nello Stato di New York, dove sono state rassicurate che il bambino nato mediante fecondazione artificiale sarebbe stato una femmina.

La delusione

Tuttavia, quanto alla 15esima settimana di gravidanza, Heather si è accorta di attende in realtà un bimbo maschio. «Ci sono cadute le mascelle. Ero convinta che fosse il risultato di qualcun altro», ha affermato una delle due donne, immaginando un errore della clinica. Dopo la nascita del bambino, nel dicembre 2020, le due donne sono entrate in crisi, incapaci pure di instaurare un legame affettivo con il piccolo. Quidni hanno deciso di citare in giudizio la clinica CNY per undici capi di imputazione, tra cui violazione del contratto e negligenza medica.

Il senso di colpa

Il piccolo intanto cresce e l’instaurazione di un qualche tipo di legame affettivo con le due donne, nonstante quanto da lodo affermato e malgrado i tribunali, è stato inevitabile. «Provo un immenso senso di colpa e di vergogna perché non sono stata capace essere emotivamente presente con lui», dice una delle due “mamme”. Che aggiunge: «È un essere innocente, non meritava niente di tutto questo».

La donna punta l’indice verso la clinica di fecondazione artificiale perché «ha fatto un casino» che ha minato «i primi anni di formazione del nostro bambino». Di qui la scelta di fare causa. «Pensiamo che nostro figlio si sarebbe meritato un legame fin dall’inizio».

Colpa solo della clinica o il difetto sta nel manico?

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