Eutanasia. Tarzia (Forza Italia): «La sinistra non ci ascolta, è un accanimento contro la vita»

Lunedì 21 marzo, videoconferenza con Cattaneo, Palmieri, Gasparri, Ronzulli e Tajani, per spiegare le ragioni del sì alle cure palliative e all’obiezione di coscienza

Olimpia Tarzia

Image from Gianluca DI - Youtube

Riguardo al ddl Bazoli-Provenza, approvato la scorsa settimana alla Camera dei Deputati, il centrodestra ha registrato – come mai era avvenuto in passato su temi della vita – la totale chiusura e mancanza di dialogo da parte della maggioranza PD-M5S-LeU. Per manifestare le ragioni del “sì” alla vita, Forza Italia ospiterà lunedì 21 marzo, alle 18:30, una videoconferenza in diretta Facebook, sul tema No all’eutanasia, sì alle cure e all’accompagnamento. Il dibattito sarà introdotto dall’onorevole Alessandro Cattaneo, responsabile nazionale dei dipartimenti di Forza Italia. Di seguito interverranno: Olimpia Tarzia, responsabile nazionale del Dipartimento Bioetica e Diritti Umani di Forza Italia; l’onorevole Antonio Palmieri, responsabile nazionale del Dipartimento Famiglia; la senatrice Licia Ronzulli, vicecapogruppo al Senato; il senatore Maurizio Gasparri, responsabile nazionale degli enti locali. Le conclusioni saranno affidate ad Antonio Tajani, vicepresidente e coordinatore nazionale.

La “mente” dell’iniziativa è proprio Olimpia Tarzia, motivata ad organizzare il dibattito, in primo luogo a seguito della bocciatura del referendum da parte della Corte Costituzionale. Una sentenza motivata «in maniera molto interessante, spiegando che si andava ben oltre l’eutanasia e che la questione riguardava sia chi soffre che chi non soffre», dichiara la Tarzia ad IFAM News.

Onorevole Tarzia, quale sarà l’obiettivo della vostra videoconferenza?

L’obiettivo è quello di portare le ragioni che poniamo alla base del confronto, gli emendamenti che abbiamo fatto al ddl Bazoli-Provenza e quelli che verranno presentati al Senato. Bisogna liberarsi da tanti schemi e pregiudizi e guardare la realtà per quello che è. Ci sono una serie di cose che balzano agli occhi in modo oggettivo, indipendentemente dalla connotazione dei singoli o delle aree politiche di appartenenza. Alla Camera, abbiamo riscontrato, da parte di PD, M5S e LeU, una chiusura totale, che fa pensare ad un atteggiamento ideologico da parte loro, che, su questi temi andrebbe assolutamente evitato. Con il risultato che il testo è stato approvato senza una minima volontà di confronto e di dialogo con chi, attraverso gli emendamenti, poneva delle obiezioni. Si è messa in atto una deriva pericolosissima, un muro-contro-muro, di fronte al quale è difficile far ragionare. Di fronte a questa spinta, non si può rimanere inerti e subire. Come minoranza in Parlamento, abbiamo deciso così di chiarire tutti i termini della questione.

Ora che la discussione del disegno di legge passerà in Senato, c’è ancora un margine per un ammorbidimento del testo attraverso gli opportuni emendamenti?

Viviamo un momento drammatico nella storia del Paese. Non siamo ancora usciti dalla pandemia e, intanto, è arrivata la guerra. Di fronte a ciò, affrontare in Parlamento temi come l’eutanasia lascerebbe il tempo che trova. Invece PD e M5S stanno andando avanti come un carro armato, promuovendo questo testo come se fosse la cosa più importante nella vita del Paese. Dal momento che è stato presentato questo disegno di legge, ne abbiamo subito evidenziato l’inopportunità, abbiamo rilevato che, in questo momento, ci sono ben altre emergenze in ballo. Non abbiamo ricevuto nessun ascolto, per cui, non si trovano altre giustificazioni al di fuori di quello che è un vero e proprio accanimento contro la vita.

Forza Italia e tutto il centrodestra avevano puntato molto sugli emendamenti che rendevano obbligatorie le cure palliative. Come si spiega questo voltafaccia su una pratica medico-sanitaria, che pure era stata votata all’unanimità con la Legge 38/2010?

Lo interpreto come un rifiuto e una chiusura assolutamente ideologici. Volevamo introdurre l’obbligo di ricorso alle cure palliative ma questo passaggio è stato bocciato, è rimasto solo un riferimento molto generico. Sappiamo che c’è una legge sulle cure palliative che non è mai stata finanziata. Eppure, l’esperienza diretta di tante famiglie, ci conferma che la richiesta di eutanasia parte sempre dalla solitudine, da una protesta contro l’abbandono terapeutico e la mancanza di attenzione da parte delle istituzioni. Non parliamo solo di cure fisiche ma anche di una vicinanza psicologica: il fine delle cure non è soltanto la guarigione e anche il malato inguaribile ha diritto alle cure e alla riduzione della sofferenza.

Altro punto su cui il centrodestra si è battuto, è stata l’obiezione di coscienza…

Sappiamo che è stata prevista, ma il problema è che, con questo testo, il sostegno sanitario, psicologico, socio-assistenziale al malato e alla famiglia, viene oggettivamente cancellato. I medici non obiettori diventano dei burocrati “passacarte”, un po’ come è avvenuto con il certificato di aborto: nella Legge 194, che pure riteniamo ingiusta, è scritto che bisogna proporre alternative all’aborto ma, nella pratica, questo non avviene. Nel disegno di legge sul “suicidio assistito”, il medico di base, proprio quello che dovrebbe stare di più al fianco del paziente, di fatto, viene allontanato, non ha più voce in capitolo. È come se vi fosse un conflitto tra il “diritto” di chi richiede la morte e il diritto del medico ad agire secondo coscienza. Questo conflitto viene risolto a monte, escludendo il medico obiettore dal rapporto col paziente. Questa è una cosa veramente incredibile. Aggiungo un altro aspetto devastante: se diventasse lecito uccidere in nome di una falsa pietà i malati gravissimi prossimi alla morte, è chiaro che i passi successivi sarebbero automatici e consisterebbero nella depenalizzazione dell’uccisione degli incurabili non terminali, dei malati psichiatrici, dei disabili e degli anziani. In questo testo non si parla di malati terminali. Quindi questo allargamento del campo, che va ad infrangere gli ultimi deboli argini dell’eutanasia, è già nei fatti ed è già nel testo di legge. È la stessa dinamica che si è manifestata in Belgio, in Canada o nei Paesi Bassi, dove questo tipo di leggi c’è già da anni e dove il margine, ormai, si è totalmente rotto.

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