Elena, che non ha scelto di vivere

Si allunga il triste elenco dei caduti in questa battaglia seminale per la sacralità della vita, per la dignità umana e per la civiltà

Elena

«Elena […] è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso». Lo ha twittato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ma non è vero.

Non è vero poiché nessuno muore come sceglie, giacché nessuno sceglie ‒ letteralmente grazie a Dio ‒ come morire. Nessuno sa nulla della morte e di come si muore. Si sceglie invece come vivere, minuto dopo minuto, e ciò che facciamo da questa parte dell’eternità rimane inciso su pietra dall’altra parte. Per questo, lordi dei nostri peccati (sì, anche i laici e gli atei si sporcano dei propri peccati), ci sforziamo a costo di ernia, minuto dopo minuto, di essere meglio di quel che mostriamo, minuto dopo minuto, a noi stessi e al prossimo.

Quindi Elena è vissuta come ha scelto e la sua vita ne ha plasmato l’ultimo istante. Anche Cappato vive come sceglie, e la vita che avrà vissuto plasmerà l’ultimo suo istante. Per tutti è così, non sfugge nessuno. Poi c’è la grazia del buon Dio, quello che esiste senza chiedere il permesso ai credenti, ai laici e agli atei, che è un bonus, un surplus, un extra. Ci pensa Lui, insomma, senza chiedere a noi la lista della spesa e i conti della serva.

Elena, 69enne del Veneto, malata terminale, ha scelto di vivere una parte della propria vita pensando che fosse meglio negare la parte della vita che le sarebbe rimasta da vivere. Cappato l’ha aiutata a farlo.

Ho scritto «malata terminale» perché, scrivendolo tutti, mi faccio lo sconto per capirci. Ma quella espressione usurata, direbbe Ezra Pound (1885-1972) non l’ho mai capita. Siamo tutti malati terminali dall’istante dopo il concepimento che ci genera. Siamo tutti a termine, ci incamminiamo immediatamente verso la morte, siamo tutti malati di qualcosa, tutti soffriamo. Il punto nodale resta appunto come viviamo, cosa ne facciamo del nostro dolore, come utilizziamo il tempo che ci viene concesso, come adoperiamo il tempo che scegliamo di vivere.

Poi c’è la questione della Svizzera, il Paese che, secondo Cappato, avrebbe permesso a Elena di morire nel modo che ella avrebbe scelto. Ma siccome nessuno muore come sceglie, giacché nessuno sceglie come morire, la Svizzera ha semplicemente permesso a Elena di scegliere come vivere una parte della propria vita pensando che fosse meglio negare la parte della vita che le sarebbe rimasta da vivere con Cappato che ha scelto di aiutare a farlo.

Siccome per l’ordinamento giuridico del Paese di cui Cappato è cittadino, l’Italia, Cappato, che ha scelto di aiutare Elena a vivere una parte della propria vita pensando che fosse meglio negare la parte della vita che le sarebbe rimasta da vivere, non ha liceità di fare ciò che ha fatto con Elena, Cappato è responsabile a norma di legge di ciò che ha scelto di fare. Siccome Cappato è uomo intelligente e responsabile e colto e sa quello che fa, cioè sceglie come vivere la propria vita, minuto dopo minuto, e di fare da questa parte dell’eternità cose che rimarranno incise su pietra dall’altra parte, si è autodenunciato.

La legge italiana farà il proprio corso, perché in Italia l’eutanasia è un reato. Certo, qualcuno sta cercando da tempo in tutti i modi di sovvertire questa verità giuridica alla cui base c’è una verità morale, filosofica e culturale con gesti fuorilegge come quelli che Cappato ha scelto di compiere, ma se e quando malauguratamente questo accadrà, noi tutti dovremmo allora guardarci allo specchio e domandarci come scegliamo di vivere, minuto dopo minuto, e interrogarci su ciò facciamo da questa parte dell’eternità visto che rimane inciso su pietra dall’altra parte di essa. Lo dovrò fare io, lo dovranno fare i lettori di «iFamNews», lo dovrà fare chi non legge «iFamNews» e nemmeno sa cosa sia, lo dovranno fare i credenti, i laici, gli atei e gli agnostici, lo dovranno fare tutte le «Elena» del mondo, lo dovranno fare Cappato e tutti i «Cappato» del mondo.

Nel frattempo, è con tristezza, angoscia e lutto che aggiungiamo al triste elenco dei caduti in questa battaglia seminale per la sacralità della vita, per la dignità umana e per la civiltà, insidiate talora apertamente e talaltra subdolamente, il nome di Elena, 69enne del Veneto. Ne iscriviamo il nome nella lista di chi non ha avuto accanto alcuno, o alcuno di così forte e convincente, da mostrarle la bellezza del vivere come si sceglie pur anche nel dolore atroce, giacché la vita è una sola ed è essa a plasmare il nostro ultimo istante. Più il bonus, il surplus, l’extra che ci mette il buon Dio, ma, essendo questo una offerta totale, gratis e da noi nemmeno inimmaginabile, non come le offerte civettuole e civetta della pubblicità, non abbiamo la minima idea di come, dove, quando e quanto avvenga. Dobbiamo solo chiederla. Per Elena e per tutte le «Elena» del mondo. E per Cappato e per tutti i «Cappato» del mondo.

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