Ecco la «Fase 2»: riprende la strage degli innocenti

Nel migliore dei casi la «procreazione medicalmente assistita» fa nascere meno di tre bambini “progettati” su dieci, ma spesso ne muoiono nove su dieci

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Last updated on Maggio 29th, 2020 at 09:53 am

Prima della riapertura delle chiese, delle scuole e dei servizi alla persona in seguito all’emergenza per il CoViD-19 il semaforo verde è scattato per la fecondazione artificiale. Non è stato nemmeno necessario un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri o un accordo con le Regioni per rispolverare le provette e riprendere le altre tecniche riproduttive.

Il 7 maggio, una circolare emanata dal Centro nazionale trapianti e dal Registro nazionale Pma (cioè «procreazione medicalmente assistita») dell’Istituto superiore di sanità ha aggiornato le indicazioni dopo l’avvio della «Fase 2», stabilendo che in Italia «ci sono le condizioni» per riprendere i trattamenti di procreazione assistita, sospesi a marzo per l’emergenza dovuta alla pandemia. Riprendono quindi benché «gradualmente» e «includendo un’attività di triage rivolta sia alle coppie che debbano iniziare o completare un trattamento, sia a tutto il personale operante», le procedure della cosiddetta Pma, mentre nei reparti di terapia intensiva degli ospedali muoiono ancora centinaia di persone al giorno. Ma nel frattempo lì accanto, in cliniche specializzate e asettiche, sia pubbliche sia private, funzionano i laboratori per la produzione di nuovi esseri umani che sostituiranno quelli rottamati.

Descritta così, la dinamica delle nuove vite che spuntano appare quasi un risveglio primaverile, un po’ come «nel muto orto solingo» di Giovanni Pascoli (1855-1912) dove «rinverdì tutto» e, con l’arrivo dell’estate e l’annuncio della «Fase 3», «giugno lo ristora di luce e di calor».

Peccato che, al contrario, le poche nascite che avverranno seguendo le norme della Legge 40 del 2004 comportino un numero molto più alto di embrioni crioconservati in seguito alla sentenza 151 della Corte Costituzionale del 2009, che ha consentito di fabbricarne una quantità superiore ai tre previsti dalla legge, mentre la stessa Consulta, con la sentenza 229 del 2015 ribadisce che «il vulnus alla tutela della dignità dell’embrione (ancorché) malato, quale deriverebbe dalla sua soppressione tamquam res, non trova però giustificazione, in termini di contrappeso, nella tutela di altro interesse antagonista». Senza considerare che le percentuali di successo, che la relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, nel luglio 2019, indicava in funzione delle «gravidanze ottenute su cicli iniziati», nel cui conteggio «per le tecniche di I livello si ha un valore del 10,3% (era 10,9% nel 2016), per le tecniche di II e III livello aumenta lievemente la percentuale di gravidanze per ciclo a fresco (da 17,3% nel 2016 a 17,6% nel 2017)», mentre «aumenta in maniera considerevole per le tecniche da scongelamento di embrioni (da 27,5% a 29,3%) mentre aumenta lievemente per le tecniche da scongelamento di ovociti (da 16,3% a 16,9%)». Insomma, nel migliore dei casi nascono meno di tre bambini “progettati” su dieci, ma spesso ne muoiono nove su dieci, peggio che nella strage degli innocenti.

In numeri assoluti la selezione innaturale viene resa nota così: «per tutte le tecniche di II e III livello senza donazione di gameti in totale, nel 2017, sono stati formati 107.435 embrioni (2.310 in meno rispetto al 2016, pari a -2.1%). Di questi ne sono stati trasferiti 64.359 (6.699 in meno rispetto al 2016, pari a -9,4%), e crioconservati 43.076 (4.389 in più rispetto al 2016, pari a +11,3%)». Ogni anno, quindi, qualche decina di migliaia di persone rimangono in stand-by all’interno di un frigorifero, sebbene con scarsissime probabilità di venire al mondo. Ci siamo commossi tutti per le foto dei 46 neonati attualmente ospitati dalla nursery dell’Hotel Venezia, a Kiev, la capitale ucraina. Sono i frutti della pratica della maternità surrogata, bloccati in attesa che i “genitori” committenti riescano a valicare il confine in base alle direttive sanitarie. Ma almeno sono nati, strillano e hanno le necessità di tutti i bebè del mondo, non solo quelle di un surgelato, anche se trattati come «merci, che possono essere ordinate, prodotte e vendute».

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