«Ddl Zan»: Letta e PD di nuovo sulle barricate

Pillon (Lega) smaschera l’inganno paradossale: «Discriminano con la scusa della lotta alle discriminazioni»

Enrico Letta

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Sul «ddl Zan» il Partito Democratico (PD) sta adottando la tattica dei due passi indietro e tre in avanti. Concluso il semestre off limit, dal 27 aprile, la proposta di legge respinta il 27 ottobre dal Senato potrà essere ripresentata in parlamento. Impresa alquanto improvvida, nella misura in cui, in meno di un anno – tanto manca alla scadenza naturale della legislatura – Camera e Senato dovrebbero approvare una legge giudicata unanimemente divisiva e, per l’appunto, già bocciata dall’assemblea di Palazzo Madama.

La direzione del PD, comunque, è tutt’altro che univoca. Dalle dichiarazioni dei suoi esponenti emerge chiaramente una linea di lotta e un’altra di governo. Tra gli oltranzisti, oltre al primo relatore del disegno di legge contro l’omofobia, Alessandro Zan, figurano, tra gli altri, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Elly Schlein. Questi ultimi saranno tra gli animatori della campagna in cinque tappe «Non ci arrendiamo. Dalle piazze al Parlamento», che prenderà il via sabato 12 marzo a Milano, per proseguire a Firenze, Palermo, Taranto e Padova.

Zan è convinto che questo tour per le piazze italiane servirà a svelare le «reali dimensioni del problema». È lo stesso Zan, però, a segnare un autogol quando cita le «1379 aggressioni razziste, omotransfobiche, antisemite e abiliste censite dall’Unar». I dati reali, però, parlano d’altro: nell’ultimo decennio, le aggressioni omofobiche sarebbero state in media una cinquantina l’anno.

Alla data fatidica del 27 aprile mancano due mesi abbondanti. La fretta con cui gli esponenti Democratici si stanno affrettando per questa scadenza offre la conferma dell’assoluta priorità che l’obiettivo “anti-omofobico” occupa nei loro programmi e nelle strategie di medio-lungo periodo.

Alla prima delle cinque agorà in programma tra marzo e maggio, presenzierà anche il segretario del PD, Enrico Letta che, però, in questa fase, sposa la linea attendista. «Non demordiamo, noi tenteremo», ha detto Letta nella sua relazione alla direzione del partito. «Ma in questa legislatura non sarà semplice, perché non siamo maggioranza», dice il segretario. «Ma nella prossima e alle elezioni, parleremo dei temi che hanno a che fare con due grandi priorità, il ddl Zan e la Legge di cittadinanza, che per noi è fondamentale».

Centrodestra: «Strategia perdente, le priorità sono altre»

Quale strategia sta mettendo in campo Letta sui “diritti civili” e su altri temi etici? Punta davvero a riportare subito il «ddl Zan» in Parlamento oppure la sua è semplicemente una maniera per tenere alta l’attenzione su tali istanze? Per Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia, sono vere entrambe le cose. «Letta sul piano dei valori sta completando l’opera di trasformazione del PD in un Partito Radicale di massa. Quindi il suo intento è insieme tattico e strategico», dichiara Palmieri ad «iFamNews».

«Credo che, in un momento tanto delicato, anche solo far riferimento a una legge divisiva come il ddl Zan sia un errore incalcolabile», commenta da parte sua il senatore della Lega, Simone Pillon. «Abbiamo più volte dimostrato che dietro la foglia di fico della lotta alle discriminazioni si nasconde in realtà una legge gravemente discriminatoria che mira a propagandare l’ideologia gender, a sovvertire la società, l’idea stessa di maschile e di femminile. Larghe parti della nostra società, anche lontane dalla nostra forza politica si sono schierate contro questo disegno di legge».

«Trovo semplicemente assurdo», prosegue Pillon, «che si voglia tornare a far perdere tempo al Parlamento. Se si vuol fare una legge contro tutte le discriminazioni sono il primo a volerla firmare ma di lì a far passare leggi gravemente discriminatorie (con la scusa della lotta alle discriminazioni!) ce ne passa. Credo che, in questo momento, il Parlamento abbia decisamente di meglio da fare».

Sulla stessa lunghezza d’onda, il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. «Con tutti i problemi che si sono nel mondo, il ddl Zan mi pare l’ultima delle questioni», dichiara il parlamentare azzurro ad «iFamNews». «Enrico Letta che rilancia il ddl Zan dimostra come la sinistra insista su cose effimere e sbagliate, mentre i problemi delle famiglie – carovita, bollette, guerra – sono temi davvero drammatici. Non credo, quindi, che la sinistra con il ddl Zan andrà da nessuna parte, fanno male davvero ad avere questa priorità, quando i problemi sono altri». Se poi, il PD e le altre forze di sinistra ripresentassero davvero il disegno di legge a fine aprile, prevede Gasparri «andranno incontro allo stesso destino» maturato nell’ottobre 2021. «Se ripropongono lo stesso testo, senza modifiche, andranno incontro a un nuovo fallimento», ribadisce il senatore.

Anche sul “fine-vita”, l’approccio è quello

In fin dei conti, anche sul fronte del fine vita, il segretario del PD ha adottato due registri. Da un lato, dopo la bocciatura del referendum da parte della Corte Costituzionale, Letta intende accelerare sull’approvazione del «ddl Bazoli», «secondo le indicazioni della Corte stessa». Quindi, tuona contro «una politica fuori dal tempo» e «un Parlamento lontano dalla società».

Dall’altro lato, lo stesso segretario, almeno in apparenza, apre ad un accordo bipartisan. Lo fa però, partendo da premesse sbagliate, pensando, cioè, che non esista nulla di più «universale» dell’«autodeterminazione della persona», per cui «nessuno – a destra o a sinistra, tra i laici o i cattolici» può «onestamente dirsi immune dal dubbio e non avvertire sulle proprie spalle il dovere di intervenire su un bisogno così urgente e lacerante». Come se le differenze di sensibilità sui temi etici tra gli schieramenti fossero inesistenti…

Risultato: quando, a marzo, la discussione del ddl Bazoli riprenderà, i tempi di discussione saranno contingentati, quindi con spazi ridottissimi per gli emendamenti che, almeno in parte, potrebbero ridurre la portata eutanasica della legge. Per non menzionare i primi due emendamenti avanzati dal centrodestra e già respinti.

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