Dall’«homo religiosus» a Prometeo

Un excursus sul cammino a ritroso del diritto italiano in un saggio di Domenico Menorello su L-Jus

Domenico Menorello

Domenico Menorello

Capita, talvolta, di occuparsi di determinate questioni quotidianamente, sia per mestiere sia per interessi culturali e intellettuali, e di avere ben chiaro in mente un preciso discorso, dotato di filo logico, che inoppugnabilmente spieghi e dimostri il punto di vista che si ha in proposito. Epperò, invece, quando questo preciso discorso deve uscire dal labirinto del pensiero e divenire parola, scritta o a voce non importa, non appare più così cristallino e inattaccabile dagli eventuali avversari nella dialettica.

È una fortuna, allora, poter “sfruttare” il lavoro altrui, facendosi aiutare nella buona battaglia da qualcuno che evidentemente ci vede chiaro e ancor più chiaro scrive. Per esempio, da Domenico Menorello, avvocato, dottore di ricerca in Filosofia del Diritto nell’Università degli Studi di Padova, e dal suo saggio Per un diritto antropologicamente fondato, di fronte al “cambio d’epoca”, pubblicato il mese scorso come contributo nel Fascicolo 2 – 2021 di L-Jus, periodico semestrale di approfondimento del Centro Studi Rosario Livatino.

Nel testo, l’avvocato Menorello parte da una constatazione, quella cioè di una «soluzione di continuità» nell’ordinamento giuridico italiano, una rottura con il passato che, sebbene affondi le proprie radici lontano nel tempo, forse addirittura agli anni 1950, come evidenziava profeticamente il Servo di Dio don Luigi Giussani (1922-2005), negli ultimi cinque o sei anni ha visto una accelerazione vorticosa e preoccupante.

«L’ordinamento italiano», scrive Menorello, «sembra essere entrato in quel “cambiamento d’epoca” svelato da Papa Francesco nel 2015. A lungo in Italia era sopravvissuto un sottile tratto, apparente e superficiale, di convinzioni sociali, che ‒ seppur sempre più stancamente e retoricamente ‒ affermavano la vita come valore assoluto in ogni circostanza. Da qualche anno, invece, anche gli echi di queste certezze sociali sono svaniti ed è sopravanzata quella crisi in cui si trova tutta la cultura europea e occidentale, che, secondo Benedetto XVI, “prima ancora di essere politica, degli stati e delle sue istituzioni, è una crisi dell’uomo. La crisi è innanzitutto antropologica. Un uomo che ha perso ogni riferimento di fondo, che non sa più chi è”».

Le conseguenze di tale crisi non sono di poco conto e si concretizzano in quello «[…] smarrimento sociale, enfatizzato dalla pandemia, nel quale trova campo l’illusione del mito di una “autodeterminazione” che si vorrebbe assoluta, “liberata” tanto dai legami umani, percepiti come limiti negativi, quanto dalla stessa realtà, ritenuta nichilisticamente recessiva rispetto alle pretese soggettive».

La marcia a tappe serrate verso tale impennata di nichilismo si riflettono nel percorso diritto in Italia negli ultimi anni secondo un calendario che ha la precisione di un metronomo. Basta fare un rapido copia e incolla del sommario del testo pubblicato su L-Jus, per vedere alla moviola lo scorrere della legislazione italiana dal 2014 a oggi.

Nel 2014-2015, la Legge 162 e la Legge 55 sul divorzio breve «[…] allentano i legami familiari, derubricando il matrimonio a fatto privato». Nel 2016, la Legge 76 “Cirinnà” istituisce e regola le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto tra etero e omosessuali, pretendendo la «[…] modifica ontologica della famiglia». Nel 2017, la Legge 219 sul «testamento biologico o biotestamento» (DAT) «[…] spezza il nesso fra “vita” e “dignità”, indirizzando il Servizio Sanitario Nazionale verso la seconda» e avviando l’opinione pubblica verso il baratro costituito dalle parole «vite non degne di essere vissute». Nel 2018-2019 la Corte costituzionale, prima con una ordinanza e poi con una sentenza sul caso di Fabiano Antoniani, noto come DJ Fabo (1977-2017), ordina di fatto «[…] al parlamento di disciplinare la morte assistita». Continua poi il suo excursus, Domenico Menorello: «[…] nel 2020, la de-responsabilizzazione e la de-ospedalizzazione dell’aborto [grazie all’aborto farmacologico “a domicilio”]. Ancora nel 2020, la Camera approva il tentativo di imporre per legge l’ideologia gender [è il ddl Zan]. Nel 2021, per sentenza diviene possibile la “maternità surrogata” all’estero. Ancora nel 2021, la Camera spinge il Paese nell’anticamera dell’eutanasia». Il resto è cronaca.

L’analisi che Domenico Menorello fa di queste tappe è sintetica ed esplicativa: dall’homo religiosus, pervaso dal senso del sacro e convinto fin nelle viscere dell’intangibilità della vita umana, quale che ne fosse la situazione e la condizione, in settant’anni e specialmente nell’ultimo quinquennio si è passati a Prometeo e alla sua antropologia, «[…] così funzionale a chi detiene le leve della moda e della mentalità dominante», agendo «[…] certamente con i pervasivi sistemi di comunicazione sociale, specie di nuova generazione. Ma si è capito anche il valore educativo e orientativo della norma».

Vale davvero la pena di leggerlo in versione originale e completa, questo testo. È disponibile gratuitamente, per tutti, sul sito web del Centro Sudi Rosario Livatino.

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