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Convenzione di Istanbul: anche in Lituania c’è chi dice no

Dichiarazione congiunta dei leader cristiani. E intanto il governo polacco...

Federico Cenci di Federico Cenci
22/03/2021
in Cultura, In evidenza
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Last updated on marzo 23rd, 2021 at 02:12 am

Non solo la Turchia di Erdogan, nuove sacche di resistenza si stanno formando anche in Europa contro la cosiddetta Convenzione di Istanbul. Stavolta sono i leader delle comunità cristiane della Lituania a far sentire la propria voce. Il Paese baltico ha infatti firmato il testo, ma ancora manca la ratifica del parlamento. Gli oppositori hanno quindi preparato una dichiarazione congiunta nella speranza di persuadere i deputati a non votare un documento che spalancherebbe le porte all’ideologia gender e alle unioni omosessuali.

Una legge sulle unioni omosessuali

Del resto questi temi sono di stretta attualità in Lituania. Sul finire del 2020 l’unico deputato dichiaratamente omosessuale del Paese, Tomas Raskevičius, ha affermato che difficilmente potranno essere approvate le nozze tra persone dello stesso sesso, visto che la Costituzione lituana attesta che il matrimonio è solo tra uomo e donna, e però si è detto fiducioso riguardo alle unioni civili. Entro il 2024, anno in cui si terranno le elezioni parlamentari, secondo Raskevičius si potrà avere una legge. «Presenteremo il disegno di legge nella sessione primaverile di marzo», aveva detto alla Reuters il politico, esponente del Partito della Libertà, di orientamento liberale. L’introduzione di un disegno di legge di questo tipo era peraltro la condizione posta dal Partito della Libertà per entrare a far parte dell’attuale coalizione di governo.

Ideologia gender

Nella loro dichiarazione congiunta, i leader cristiani esprimono «preoccupazione» per la proposta di legge sulle unioni omosessuali, di cui la ratifica della Convenzione di Istanbul potrebbe essere propedeutica. Tra i vari passaggi di questo documento si legge che i generi sessuali sarebbero «ruoli […] socialmente costruiti». È da questa considerazione che prende le mosse, nell’art. 14 della Convenzione, la richiesta di includere materiale didattico sui «ruoli di genere non stereotipati» nelle scuole dei Paesi firmatari. Il timore dei rappresentanti delle Chiese cristiane è che certe espressioni possano diventare «norme giuridiche vincolanti» per la Lituania. I firmatari della dichiarazione congiunta sono mons. Gintaras Grušas, presidente della Conferenza episcopale lituana, insieme ai capi della Chiesa ortodossa russa, della Chiesa dei vecchi credenti di Lituania, della Chiesa evangelica luterana, della Chiesa evangelica riformata e al monaco basiliano padre Mykolai Kozelkivskyy.

La controffensiva polacca

Fuoco alle polveri contro la Convenzione di Istanbul è dato già nella confinante Polonia. La quale ha ratificato la Convenzione nel 2015 con diverse riserve e dichiarazioni. Nello specifico ha stabilito che il documento avrebbe trovato applicazione solo ed esclusivamente in accordo alla Costituzione polacca. Nei giorni scorsi poi, come riporta Balkan Insight e riprende AgenziaNova, in Consiglio d’Europa Varsavia ha proposto una bozza di trattato che prevede di vietare il diritto all’aborto e i matrimoni omosessuali. Questo trattato dovrebbe offrire «sostegno particolare» alla «protezione della vita del bambino concepito» e dovrebbe anche limitare «il concetto di matrimonio esclusivamente alla relazione tra un uomo e una donna».

Ancora prima, in maggio, il viceministro della Giustizia, Martin Romanowski, aveva espresso la contrarietà polacca al documento con un tweet in cui aveva scritto: «Non si combatte la violenza insegnando ai ragazzi che possono indossare vestiti da femmina e giocare con le bambole», a cui ha aggiunto che la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’esecutivo polacco precedente, è pura «propaganda neo-marxista che sovverte i nostri valori».

Tags: Convenzione di IstanbulLituaniaPoloniaVetrina
Federico Cenci

Federico Cenci

Dal 2013 al 2017 ha lavorato all’agenzia cattolica di stampa Zenit occupandosi di temi sociali e religiosi, bioetica, politiche familiari, nonché politica interna ed internazionale. Ha quindi proseguito l'attività con In Terris, e attualmente con vari giornali e periodici. Nel 2020 ha scritto il romanzo "Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà"

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