Last updated on Ottobre 13th, 2020 at 03:24 pm
Una nuova chiesa cattolica viene consacrata, la comunità è in festa. Ma ogni singolo mattone ricorda le dure persecuzioni subite dai cristiani durante i troppi anni del dispotismo comunista. Succede a San Benito del Crucero, un piccolo paesino a circa 40 chilometri da Santiago de Cuba. Ed è proprio la geografia a dare la notizia.
Cuba, un Paese ferito da oltre 60 anni di comunismo, prima con il Líder Maximo, Fidel Castro (1926-2016), poi con suo fratello Raúl. Don Juventino Rodríguez, parroco impegnato da anni nel progetto, intervistato da Catholic News Agency, definisce la nuova chiesa «un piccolo miracolo»: un miracolo a lungo sperato, ma realmente inaspettato. Almeno dal 1959, quando, il 1° gennaio, il dittatore Fulgencio Batista (1901-1973) fuggì dal Paese e il potere finì nelle mani dei marxisti-leninisti.
Perquisizioni e sequestri
Fu l’inizio di una stagione buia, fatta di persecuzioni capillari e spietate. I primi segnali si ebbero già nel 1960, quando Castro dichiarò: «Chi è anticomunista è antirivoluzionario». Una frase forte, quasi una velata minaccia al mondo cattolico, preoccupato dalle simpatie del despota nei confronti dell’Unione Sovietica.
I vescovi cattolici, dopo una prima fase di pazienza prudente, presero così ufficialmente posizione contro il comunismo e, dal 1961, fu scontro aperto. Ogni domenica la violenza ideologica del regime sembrava rafforzarsi e si sfogava con atti di vera e propria intimidazione: le chiese venivano perquisite, veniva impedito l’ingresso ai cattolici, i fedeli venivano schedati e, una volta schedati come cattolici, incontravano una lunga serie di problemi, prima di tutto enormi difficoltà nel trovare lavoro.
I collegi religiosi furono chiusi, tutti, compreso il collegio gesuita in cui aveva studiato Fidel Castro. Gli edifici e i beni vennero confiscati, centinaia di sacerdoti diocesani furono espulsi dall’isola. Il regime negava però tutto: a parole i cittadini erano liberi di professare qualsiasi religione. Certo, se un cattolico sperava di trovare lavoro per esempio nell’amministrazione pubblica, scopriva che “casualmente” la propria candidatura finiva nel tritadocumenti.
Tre Papi a Cuba
La prima svolta avvenne nel 1998, con la visita di Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) sull’isola. In questa occasione il Pontefice pronunciò la frase ormai storica: «Possa Cuba aprirsi […] al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba». Ottenne così da Castro il ripristino della festa del Natale, ma, dopo una piccola pausa, le retate contro i cattolici ripresero. E le retate continuarono anche nel 2012, nonostante la visita di Papa Benedetto XVI. Anzi, proprio durante la visita del nuovo Pontefice furono arrestati 200 manifestanti che chiedevano libertà religiosa.
Durante la Messa al Parco Expo Bicentenario, Benedetto XVI commentò la statua di Cristo Re ricordando: «Le corone che lo accompagnano, una da sovrano e un’altra di spine, indicano che la sua regalità non è come molti intesero e intendono. Il suo regno non consiste nel potere dei suoi eserciti per sottomettere gli altri con la forza o con la violenza».
Gli sforzi repressivi sono del resto continuati sotto il regno di Papa Francesco, che ha visitato un Líder Maximo ormai in pensione, in tuta, senza più potere. Trenta minuti di colloquio privato, che smossero ancora le acque, ma che non riuscirono a porre la parola «fine» sulle persecuzioni.
Il futuro libero
Oggi a Cuba entrare in una chiesa non è più vietato, ma la paura rimane: la paura di controlli improvvisi, di arresti e di violenze. Per anni i cattolici si sono incontrati nelle case, di nascosto, ma la nuova chiesa del Sacro Cuore di Gesù è il primo segnale di una novità enorme. Una novità che nasce dal basso, mossa da una fede che non è stata spenta dal regime e che anzi si è mantenuta viva come una fiammella protetta dal vento, per tornare ora a illuminare.
La nuova chiesa può ospitare fino a 200 persone, numeri ovviamente ora ridotti a causa della pandemia del coronavirus. La costruzione è stata possibile anche grazie ai fondi arrivati dai cattolici statunitensi e da migliaia di esuli cubani, che hanno trovato fortuna in altri Paesi senza però mai dimenticare le proprie radici. La chiesa fa peraltro parte di un progetto che comprende tre nuovi edifici religiosi, con un’altra chiesa a L’Avana e una a Sandino. Tre edifici che romperanno lo skyline segnato dalla grigia architettura in stile sovietico: tre piccoli fuochi accesi dopo la lunga notte.
Ora, come ricorda don Rodríguez, si può solo ripartire: «Con la nuova chiesa e con il Centro pastorale San Benito si apre una nuova tappa nella vita della comunità che fa presagire nuove speranze di evangelizzazione».
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