Last updated on Febbraio 10th, 2021 at 12:07 pm
«Le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane»: con queste parole terminano entrambi i comunicati emessi dall’Ufficio stampa della Corte costituzionale, a conclusione (per ora) di quanto discusso in aula il 27 gennaio a proposito di procreazione medicalmente assistita, maternità surrogata, adozione legittimante e riconoscimento del figlio in due casi distinti di coppie same sex.
I comunicati anticipano la sentenza, che per entrambi i dibattimenti giunge alla conclusione di inammissibilità: la Corte, cioè, ritiene di non poter decidere il destino di questi bambini a causa di un vuoto giuridico e normativo a loro effettiva e reale tutela, che non violi per altro l’ordine pubblico, e rimanda al Parlamento affinché tale gap sia «urgentemente» colmato.
I due casi, giunti alla Corte costituzionale dopo il passaggio nei tribunali di merito e nella Corte di Cassazione, sono in realtà profondamente differenti: il primo riguarda un bambino nato in una coppia composta da due donne, di cui una è madre biologica del piccolo, mentre l’altro si riferisce a un bambino nato all’estero da maternità surrogata e di cui ora si chiede in Italia la registrazione all’anagrafe come figlio di due “padri”.
Gli aspetti giuridici e legali, in punta di Diritto, sono articolati e complessi e si potrebbe arrivare a definirli affascinanti, se non vi fosse in gioco la vita di due bambini, per il secondo dei quali soprattutto il favor minoris (il supremo interesse e bene del piccolo) non può prescindere dal cosiddetto favor veritatis, cioè il diritto a conoscere e conservare le proprie origini biologiche.
In particolare la seconda sentenza, infatti, quella riservata al piccolo “figlio” di due “padri”, apre uno squarcio importante su un argomento che catalizza l’attenzione di parti a volte lontanissime nel dibattito pubblico.
In Italia, la maternità surrogata è una pratica vietata in base all’articolo 12, comma 6, della nota Legge 40 del 19 febbraio 2004, che viene però aggirata da chi desideri usufruire di un utero in affitto rivolgendosi a strutture che operano all’estero, con la pretesa dei “genitori d’intenzione”, una volta rientrati nel nostro Paese con il figlio o la figlia così ottenuti, di registrare in patria il piccolo o la piccola grazie alla semplice firma dell’ufficiale di Stato civile.
Sono due, a questo proposito, le proposte di legge, una a firma di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, e una a firma di Mara Carfagna, deputata di Forza Italia, depositate e in attesa di iter per ottenere che venga sanzionato a norma della legge italiana chi si avvalesse all’estero di tali pratiche vietate nel nostro Paese.
Il Comune di Milano nel frattempo ha interrotto la trascrizione “in automatico” (o legittimazione passiva) dei bambini nati all’estero tramite GPA (la “gestazione per altri”, un altro nome più sfumato ed edulcorato attribuito a tale pratica, quasi fosse un atto di generosità e non invece un vero e proprio contratto fra i committenti e la gestante) e la sentenza n. 12193/2019 a Sezioni Unite della Corte di Cassazione aveva dato sostanza giuridica a tale stop, invocando fra l’altro anche il concetto di ordine pubblico «come una realtà composita, che ricomprende i principi costituzionali, e quelli previsti dalla legge e dalle norme codicistiche».
Anche nel caso specifico della coppia di uomini in questione, di cui uno di nazionalità statunitense, le Sezioni Unite di Cassazione avevano dato parere negativo alla registrazione dell’order of adoption stilato a New York, ma con ordinanza 8325/2020 la Prima Sezione ha ripresentato la questione alla Corte Costituzionale che, come detto, non si è espressa se non richiedendo al Parlamento di legiferare «urgentemente» in merito.
Ora, stante la situazione attuale del governo e in generale del Belpaese, viene difficile pensare che qualcuno si precipiti oggi a occuparsi di questioni di tale portata, sia “rispolverando” le due proposte già depositate, sia imbastendo ex novo una proposta uguale o contraria. Nel frattempo, però, la Corte costituzionale, come la vita, va avanti e prosegue il proprio cammino, e il rischio è quello di trovarsi con una nuova legge confezionata non in Parlamento, bensì a colpi di sentenze.
E tali sentenze presentano un altro rischio, a dar retta alla conferenza stampa di insediamento del magistrato Mario Rosario Morelli, presidente della Corte di Cassazione da settembre a dicembre del 2020, che affermò in quell’occasione che «C’è una classe di diritti che dobbiamo far rispettare che non nascono dall’alto ma sono richiesti dalla coscienza sociale», sottolineando che i diritti della persona non sono solo quelli elencati dalla Costituzione «ma tutti quelli che emergeranno dalla coscienza sociale con carattere di analogia ai diritti fondamentali». Il dottor Morelli, del resto, fu il giudice che nel 2008 firmò la sentenza che permise di interrompere l’alimentazione e l’idratazione alla giovane Eluana Englaro.
Si è davvero convinti che leggi nate su tali basi stabiliscano il diritto dei padri e delle madri, e soprattutto il diritto dei figli?
Commenti su questo articolo