Il caso giudiziario di Päivi Räsänen, in Finlandia, non è affatto concluso. Mercoledì il pubblico ministero della Procura di Helsinki ha presentato ricorso in appello sopo la sentenza che ha scagionato l’ex ministro degli Interni dalle accuse di «omofobia» e di incitamento all’odio.
In una dichiarazione rilasciata il giorno dopo il verdetto il procuratore Raija Toiviainen ha affermato: «Il tribunale distrettuale interpreta le dichiarazioni della Räsänen diversamente dal pubblico ministero. […] Ciò non significa che il pubblico ministero abbia fornito informazioni false. Nelle accuse non c’è nulla di falso».
Anche Juhana Pohjola, vescovo luterano della Diocesi della Missione Evangelica Luterana, coimputato nel processo Räsänen e anch’egli scagionato delle accuse, vedrà probabilmente impugnato il verdetto della sua assoluzione.
Pronta a difendere la libertà di chiunque
«Questo caso pesa su me e sulla mia famiglia da quasi tre anni» ha detto la Räsänen alla notizia del ricorso. «Dopo che il tibunale mi ha completamente scagionata, mi costerna che il pubblico ministero non voglia mettere fine a questa campagna contro di me. Ancora una volta sono pronta a difendere la libertà di espressione e la libertà religiosa non solo per me, ma per tutti».
Paul Coleman, direttore esecutivo di Alliance Defending Freedom International, avvocato del team che difende la parlamentare finlandese, definisce il ricorso una mossa «allarmante».
«Trascinare le persone in tribunale per anni, sottoporle a interrogatori di polizia di un’ora e sprecare i soldi dei contribuenti per conculcarne convinzioni profondamente radicate non è degno di una società democratica», affermato Coleman. «Come spesso accade nei procedimenti per “incitamento all’odio”, il processo è diventato parte della punizione».
Conservatori statunitensi solidali
In un’e-mail inviata al quotidiano The Washington Times, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa nel mondo, Sam Brownback, ha deplorato il ricorso del pubblico ministero.
«Anzitutto è stato sbagliato perseguire la libertà di espressione, ma ancora peggio è fare ricorso contro una decisione unanime», dichiara l’ex governatore del Kansas. «La libertà di parola in ambito religioso è libertà di espressione, ma la libertà di espressione è un mito se non include anche la libertò di aprola in ambito religiosa. Il pubblico ministero non comprende il significato della libertà».
Brownback non è l’unico politico statunitense a criticare l’accusa nel processo Räsänen. A gennaio i senatori Repubblicani Marco Rubio (Florida), Josh Hawley (Missouri), James Lankford e James Inhofe (Oklahoma) e Mike Braun (Indiana) avevano chiesto all’ambasciatore Rashad Hussain, successore di Brownback per la libertà religiosa, di «condannare questi ingiusti procedimenti giudiziari».
«La cancel culture minaccia la democrazia»
Intervistata dal sito Christian Today la Räsänen ribadisce di sentirsi pronta a «difendere la libertà di espressione e la libertà religiosa in qualsiasi tribunale si renda necessario, anche davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo», perché la sentenza che l’ha scagionata è «importante per i cristiani che credono nella Bibbia», ma lo è ancora di più «per la libertà di espressione».
La sentenza stessa «offre basi valide e solide per difendere i diritti fondamentali davanti alla Corte d’Appello». Per evitare che le ambigue leggi sull’«incitamento all’odio» possano ritorcersi contro i cristiani è insomma «importante vincere questa causa», sottolinea l’ex ministro finlandese .
Per la Räsänen e importante «parlare pubblicamente del Vangelo» e «manifestare la propria fede», altrimenti lo spazio per esprimerla «si restringerà sempre più. Più si resta in silenzio, più aumenterà il rischio di leggi che mirino a limitare la libertà di espressione». E dunque «la comunità internazionale deve esprimere la propria preoccupazione per ogni tipo di attacco alla libertà di espressione. Chiunque deve essere libero di esprimere convinzioni in cui crede profondamente senza timore di censure o di sanzioni penali».
Occore dunque, afferma la Räsänen, «esercitare pressioni sui parlamenta e su altri livelli del potere, a livello sia nazionale sia internazionale» per «sensibilizzare sui pericoli della censura e della cancel culture, che sono minacce per qualsiasi democrazia».
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