Last updated on marzo 28th, 2020 at 07:21 am
Non è un caso che Carlo Casini sia stato chiamato in Cielo nell’antivigilia di un giorno a lui assai caro, il 25 marzo. In quella data la Chiesa Cattolica celebra infatti l’Annuncio del concepimento di Gesù e il Movimento per la Vita, di cui Carlo è stato l’anima, da sempre ama associare a detto Annuncio il miracolo del concepimento di ogni figlio. E per la sua accoglienza opera.
Quarant’anni, e più, passati al suo fianco (molti come vicepresidente) lasciano il segno. Quello di un uomo intimamente amante della Vita, che ha promosso in ogni tappa della sua esistenza. Dapprima come sostituto procuratore a Firenze (anni 1970), protagonista dell’indagine che portò alla scoperta di una casa per aborti gestita dal Partito Radicale. Poi (dal 1979) in politica, prima come parlamentare italiano, poi europeo, quindi il ritorno in magistratura.
Allievo di Giorgio La Pira (1904-1977), lo accomuna al maestro la tenacia operosa nel promuovere la vita nelle sue fasi più fragili, nascente e terminale, spesso in totale solitudine politica, contro tutto e contro tutti. A significare quel «spes contra spem» scolpito sulla tomba di La Pira, che Carlo amava citare di frequente.
Casini ha portato la questione della vita nascente dal piano della morale sessuale – su cui molti amavano collocarla – al piano dei diritti umani e dei problemi sociali. Lo ha fatto come laico che opera nella società civile, discutendo di leggi e di bene comune, sempre più appassionato dalla riflessione sull’identità umana del figlio concepito e non ancora nato. E quindi titolare, come tutti gli altri esseri umani, del diritto alla vita, fondamento della teoria dei diritti umani.
Lo ha fatto, pur rispettoso dell’insegnamento della Chiesa, cui è sempre rimasto fedele, per testimoniare che quella riflessione non deriva solo da una visione teologica, ma si radica nel piano squisitamente laico dei diritti fondamentali. Solo così possono infatti essere colti nella loro verità i diritti dell’uomo. Diversamente si realizza una gravissima falsità nell’affermare, nelle Carte più solenni, la dignità umana e al contempo nel negare il diritto alla vita dei «più poveri dei poveri», come santa Teresa di Calcutta (1910-1997) amava definire i bambini prima di nascere.
Quanto ai problemi sociali, Carlo definiva «impressionante e carica di positiva forza rinnovatrice» l’equiparazione fatta da Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) nell’enciclica Evangelium vitae del 1995 (cfr. n. 5) tra la persona del lavoratore e i suoi diritti da un lato e il bambino non ancora nato e i suoi diritti dall’altr0, indicando al Terzo Millennio la questione sociale primaria, cuore della questione antropologica: stabilire se l’uomo sia sempre uomo a pieno titolo in ogni fase della sua vita. Solo così si potranno coniugare davvero le istanze di eguaglianza, giustizia sociale e solidarietà. Com’è possibile proclamare l’eguaglianza tra tutti gli uomini se non si riconosce l’eguale dignità a ciascuno sin dalla fecondazione? Coerenza impone che si parli del figlio non ancora nato così come si parla del già nato, bambino o adulto che sia.
Per questo i Centri di Aiuto alla Vita sono «segni anticipatori della vittoria della vita sulla morte» (san Giovanni Paolo II), così capaci di parlare del concepito in modo non certo ideologico o di condanna, ma espressivi di un’intera comunità che accoglie e che si pone accanto alla madre.
Sul versante più propriamente politico, a lui il merito di aver testimoniato la centralità politica del diritto alla vita fin dal concepimento, la sola che conduce al compiuto realizzarsi della democrazia, se essa non è soltanto regola formale, ma anche contributo sostanziale, cioè espressione di un sistema di valori. E di aver tenacemente operato, con il metodo del dialogo paziente e della gradualità nella chiarezza, per una reale unità tra i cattolici in politica, il cui punto di partenza non poteva non essere una sostanziale ragione di eguaglianza e di reale solidarietà: l’identità umana del concepito e la dignità del morente, cioè un ripartire dagli ultimi, dalle le frontiere più fragili della vita umana, su cui la politica deve porre attenzione primaria, pena l’illanguidirsi della sua carica ideale e profetica.
In sostanza, una politica dei diritti umani a tutto tondo, la sola capace di ridare freschezza e slancio al lavoro per il bene comune, che da tempo segna il passo. «Il diritto alla vita», soleva affermare, «non è questione cattolica, ma questione civile di primaria grandezza che esige estrema chiarezza nel confronto politico».
In realtà, è questione davvero centrale. Perché analoga a quella posta dallo schiavismo, antico e moderno, dalla condizione femminile, dalle persone diversamente abili, dal percorso contro la pena di morte, da quello verso la pace. Non la si può eludere relegandola nella sfera della coscienza o accantonandola. Perché è epocale e planetaria, interessando l’intero pianeta e andando al cuore del principio d’eguaglianza, sulla cui attuazione l’umanità si arrovella da sempre.
Per quell’attuazione la storia ha registrato progressi notevoli, pensando alle categorie testé ricordate. Manca solo il riconoscimento, come «Uno di noi», dell’essere umano quando comincia a esistere. «È su questo crocevia che la maternità colloca il riconoscimento che silenziosamente ha accompagnato tutta la storia umana. In tal modo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo diventerà vera e si avvicinerà la civiltà dell’amore» (così scrive in 40 anni per il futuro).
Il Movimento per la Vita gli è infinitamente grato per essere stato appassionato, competente e assiduo servitore della Causa della vita, «annunciando con franchezza e con amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita», come ci invita la preghiera che conclude l’Evangelium vitae.
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