Legalizzare la droga sconfigge il crimine. Falso, falsissimo

Giovanni Russo (Antimafia): «La pandemia ha ridotto il traffico di stupefacenti, ma non bisogna abbassare la guardia»

Giovanni Russo, , procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo

Image from Anciveneto (YouTube)

I cambiamenti degli ultimi anni (depenalizzazioni, pandemia, e così via) in qualche modo incidono anche sul consumo e sul traffico di stupefacenti. Epperò non scalfiscono la potenza delle organizzazioni criminali nella sostanza. Lo spiega ad «iFamNews» Giovanni Russo, procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNA), intervenuto ieri al convegno Droga, le ragioni del no. Scienza, contrasto, prevenzione, recupero, promosso dal Centro Studi Rosario Livatino.

La disciplina italiana sugli stupefacenti è cambiata più volte nell’arco di una trentina d’anni. le leggi del 1990 e del 2006, per esempio, sono considerate tra le più repressive. Dal 2014 in poi, al contrario, la legislazione è diventata più permissiva. Quali visioni del problema droga sono sottese dietro ognuna di queste riforme legislative?

Le riforme legislative sono certamente correlate agli avvenimenti, ai momenti storici e, quindi, ai fenomeni, anche al sentire comune. Viaggiano instaurando un parallelismo funzionale e di equilibrio tra ciò che è consentito e ciò che è vietato, tutelando libertà, diritti ed esigenze della società. In relazione al fenomeno delle droghe e alla sua complessità entrano in gioco numerosi fattori: in gran parte sono elementi culturali, propri delle consuetudini di ogni sistema sociale.

Proprio in ragione del mio ruolo professionale e delle dirette competenze che ha la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo posso fare riferimento a quegli aspetti di interesse che sono correlati alla criminalità organizzata. La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nell’ambito delle proprie funzioni, svolge una costante attività di analisi dei fenomeni criminali che sempre più spesso assumono una dimensione di espressione di livello transnazionale. In questo caso il nostro focus farà riferimento al narcotraffico, alle organizzazioni criminali, alla loro capacità di muoversi seguendo logiche opportunity-driven, alle nuove tecnologie (anche riferibili alle dimensioni digitali e del cyber-spazio), ai movimenti finanziari, e così via.

Studiare un fenomeno significa osservarlo da più punti di vista per comprenderne meglio punti di forza e di debolezza. E quello delle droghe è un fenomeno che non può certamente essere affrontato privilegiando soltanto l’azione di contrasto. Ho accennato alle abitudini, quindi alle mode, ai costumi e via discorrendo. In tale senso la cooperazione interistituzionale è fondamentale, facendo convergere – appunto nello studio del fenomeno – le necessità riferibili a più settori e ambiti specifici. Ciò che assume particolare efficacia, nell’ambito delle strategie di contrasto, è l’applicazione del concetto di cooperazione multidisciplinare. La specificità di ogni ambito di dettaglio è condivisa per formulare decisioni strategiche complesse, emergenziali, di contrasto e di aderenza contestuale, che dovranno essere adottate dalle istituzioni.

Numerosi sono i progetti di cooperazione, i protocolli di intesa o i memorandum che la DNA ha firmato con le istituzioni e con altri Paesi. Si fa riferimento, per esempio, al Memorandum of Understanding tra la DNA e l’Istituto Italo-Latinoamericano o ai programmi EL PAcCTO  e COPOLAD III che promuovono la cooperazione tra l’Europa e i Paesi dell’America Latina anche sulle politiche antidroga. Le attenzioni sono rivolte anche all’area balcanica (progetto IPA 2017) e ai Paesi del continente africano, dove, attraverso il progetto di cooperazione giudiziaria denominato PROMIS, svolto con UNODC (e qui ne va sottolineata l’importanza, anche in relazione al contrasto ai gruppi appartenenti alla cosiddetta mafia nigeriana, per esempio) si pongono le basi per forme avanzate di cooperazione giudiziaria internazionale. Anche nell’ambito della recentissima programmazione in seno al progetto EMPACT, viene dato particolare rilievo al contrasto agli stupefacenti, che figura tra gli obiettivi primari 2022-2025.

Negli ultimi anni si è puntato molto su una parziale depenalizzazione dell’uso della cannabis: è – come si tende a dire – una mossa in grado di tenere i giovani lontani da sostanze non legali e universalmente considerate più pericolose?

Premesso che già adesso, nel nostro Paese, l’uso personale di cannabis non costituisce reato, bensì violazione amministrativa, non sono oggettivamente in grado di dire se ulteriori forme di depenalizzazione della cannabis possano contribuire a tenere lontani i giovani dalle sostanze illegali e più pericolose; né se l’intento effettivo dei promotori di forme accentuate di depenalizzazione sia questo. Sicuramente posso evidenziare come il traffico di sostanze stupefacenti (compresa la cannabis e i suoi derivati) sia tra le fonti di guadagno illecito più redditizie per le organizzazioni criminali. La cannabis è, dunque, uno dei tanti prodotti di questo mercato illecito che si arricchisce continuamente con la sintetizzazione e con l’immissione in commercio di sempre nuove sostanze psicotrope e stupefacenti.

La marijuana è praticamente la droga più utilizzata, in Europa, come nel resto del mondo. Degno di nota è anche il dato sull’utilizzo (15,8 milioni nel 2019, secondo l’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, sono i consumatori di età compresa tra i 15 e i 34 anni). Peraltro le attività di sequestro mettono in risalto come l’approvvigionamento di tale sostanza sia riferibile soprattutto a produzione interna (nel nostro Paese). Diversa cosa avviene per altre tipologie di droga, come l’hashish, proveniente prevalentemente dal continente africano, l’eroina prodotta principalmente nel Sud-Ovest asiatico e Sud-Est Asiatico (anche se adesso gli scenari sono mutati), la cocaina dal Sud America.

Dal punto di vista del contrasto al crimine, la depenalizzazione non risolve, per ovvie ragioni, il problema del traffico e dello spaccio. Le organizzazioni criminali, infatti, mostrano elevate capacità di adattamento, scovando nuove opportunità di compensazione e/o ripristino degli spazi perduti. Per cui, gli effetti, in tal senso, apparirebbero essere semplicemente quelli di spingere le organizzazioni criminali verso il “commercio” di altre sostanze o prodotti illeciti. Va, inoltre, considerato che – come chiaramente illustrato nel volume Droga. Le ragioni del no – i dati dei recenti rapporti (World Drug Report) di UNODC suggeriscono come il consumatore di sostanze stupefacenti tenda generalmente a diventare poli-consumatore.

Nel post-pandemia, che direzione ha preso il mercato della droga?

In relazione a ciò vengono in considerazione le note capacità di adattamento della criminalità organizzata. Durante il periodo della pandemia, accanto alla situazione di forte crisi sanitaria ed economica (con riferimento agli spostamenti, censurati dalle restrizioni), si assiste a forme di riadattamento del mercato illecito delle sostanze stupefacenti. I dati raccolti nel corso del 2020, infatti, restituiscono una notevole riduzione dei quantitativi di eroina, hashish e marijuana sequestrati. In controtendenza, rimane positivo il dato relativo ai quantitativi di piante di cannabis e cocaina sequestrati. La limitazione degli spostamenti ha ridotto o impedito l’approvvigionamento di sostanze stupefacenti provenienti dall’estero; di contro, la maggiore presenza di cocaina e piante di cannabis può essere ricondotte, la prima alla maggiore capacità di stoccaggio a livello nazionale (con riferimento alla sostanza stupefacente più redditizia) e la seconda anche alla produzione interna. Nel 2021 i dati sembrano evidenziare la tendenza alla normalizzazione, con riferimento al trend storico. Non dobbiamo abbassare la guardia. L’esperienza nella lotta antimafia e antiterrorismo insegna, infatti, che le organizzazioni criminali sono silenziose per strategia e che, quando non si palesano attraverso l’omicidio di piazza, probabilmente stanno esercitando il loro potere in altra forma, anche pseudolegale. Non a caso la corruzione è uno degli strumenti di esercizio del potere più potenti a disposizione delle mafie. Stringono nodi forti e a valore strategico sui punti di interesse necessari alle logiche perseguite dall’organizzazione. Questi rapporti funzionali di interesse permangono poi nelle pieghe della nostra società costituendo – anche in modo inconsapevole – un potenziale, una parte integrante di tutto il sistema illecito.

Exit mobile version