Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:43 pm
La cosiddetta «cancel culture» in Canada ha compiuto un passo verso l’abisso. Se la furia iconoclasta aveva finora colpito soltanto statue, ora sull’altare della nuova religione secolare ha iniziato a bruciare le chiese. Nel Paese nordamericano è ormai uno stillicidio. In poco più di un mese le fiamme hanno divorato diversi edifici sacri, quasi tutti cattolici. L’eco ha assunto una dimensione internazionale, tanto che del tema si è occupato anche The Wall Street Journal.
La pagina oscura di storia
Come riporta il quotidiano newyorkese, la polizia sta indagando su oltre 15 incendi, ma alcuni media locali riferiscono di dozzine di altri atti vandalici. Appaiono probabili sia la matrice dolosa sia un movente comune. Eppure finora non è sorta alcuna rivendicazione. Il sospetto diffuso è che gli attacchi siano una risposta alla recente scoperta di tombe senza nome nei pressi di scuole per bambini indigeni, gestite da istituzioni cattoliche su licenza dello Stato. Si parla di oltre 4mila bambini morti, i cui resti non sono mai stati restituiti alle famiglie. Quella che è venuta fuori è una pagina oscura della storia canadese, che parla di coercizioni e di violenze nei confronti dei più piccoli. Se così è, la cosa va condannata senza esitazioni. Ma la storia è piena di lucciole prese per lanterne in campi analoghi e frangenti simili. E accendere chiese con il fuoco non aiuta affatto la visibilità. Come che sia, la Chiesa Cattolica ha teso una mano verso le popolazioni autoctone: dal 17 al 20 dicembre prossimi Papa Francesco riceverà infatti in Vaticano una delegazione di «indiani» del Canada.
Le proteste
L’indizio che vi sia una correlazione tra il ritrovamento delle piccole salme e gli assalti anticattolici è corroborato da una coincidenza: i primi due incendi sono avvenuti il 21 giugno, data in cui in Canada ricorre la Giornata nazionale dei popoli indigeni. Entrambi gli edifici religiosi distrutti si trovavano in una cosiddetta «terra aborigena», ovvero le ex riserve indiane. Episodi analoghi si sono susseguiti nei giorni successivi. E intanto, mentre qualcuno dava chiese in pasto al fuoco, nella società civile si gonfiava un’ondata di protesta sfociata nella richiesta – accolta dalle autorità – di annullare le celebrazioni per la festa nazionale del Canada, il 1° luglio, in segno di protesta verso la complicità statale dei crimini contro i bambini.
La timida condanna di Trudeau
In questo clima di conflitto sociale il 2 luglio è intervenuto il primo ministro canadese, Justin Trudeau, definendo «inaccettabili e sbagliati» gli atti di vandalismo. E aggiungendo: «Capisco la rabbia contro il governo federale e contro istituzioni quali la Chiesa Cattolica. È reale ed è pienamente comprensibile, data la storia vergognosa di cui stiamo diventando sempre più consapevoli». Ora, le parole del premier hanno suscitato più di qualche perplessità: la sua postilla sulla rabbia «pienamente condivisibile» è vista come una sorta di giustificazione degli assalitori. Più espliciti di Trudeau nel condannare le violenze sono stati alcuni capi indiani, come per esempio Clarence Louie, della tribù degli Osoyoos, che, senza mezzi termini, ha parlato di «atti criminali». Un altro, Bonnie Jacobsen, ha detto che gli incendi dimostrano «totale disprezzo per i nostri anziani e per i nostri antenati». Del resto sono stati e sono ancora molti gli indigeni canadesi fervidamente cattolici.
Chiarire i fatti storici
Per altro, a proposito del rischio di prendere lucciole per lanterne, come rileva sulla rivista Unherd una scrittrice canadese, Meghan Murphy, alcuni aspetti di questo scandalo storico sarebbero stati più o meno volutamente fraintesi. Anzitutto, spiega, l’idea che si è sedimentata nell’immaginario collettivo è che i resti appartengano a bambini vittime di omicidio. In realtà sarebbero deceduti per cause molto comuni per i piccoli dell’epoca in cui hanno vissuto: influenza e tubercolosi. Inoltre la Murphy ricorda che la vicenda era emersa già nel 2015, quando il rapporto della Commissione parlamentare per la verità e la riconciliazione descriveva la pratica di seppellire i giovanissimi studenti di queste scuole nei giardini adiacenti per risparmiare sui costi di sepoltura. Infine, annota ancora la scrittrice, le tombe non sarebbero state intenzionalmente anonime, piuttosto il tempo e l’incuria avrebbero cancellato i nomi dalle lapidi. «È perfettamente ragionevole essere sconvolti e disgustati», osserva la Murphy, «ma è importante chiarire i fatti». Anche per non dare a nessuno il pretesto più o meno velato per giustificare l’abisso delle chiese incendiate.