Last updated on aprile 21st, 2021 at 06:20 am
«Credo non si abbia la reale percezione di ciò che stiamo vivendo dal punto di vista demografico». È caustico il prof. Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’ISTAT, all’inizio della sua lectio magistralis organizzata dalla Fondazione Farefuturo sul tema della denatalità.
2020, record negativo
Lo scenario desolante delle nascite parte dal dato più recente e, al contempo, più basso: circa 400mila fiocchi rosa o azzurri nel 2020, il numero peggiore nella storia repubblicana. Eppure questo dato da solo non basta a spiegare la gravità della situazione. Nell’ultimo anno si è registrato anche un incremento significativo di decessi (746mila), dovuto alla pandemia e in parte all’invecchiamento graduale della popolazione, che porta il saldo naturale tra morti e nascite a un valore negativo di oltre 300mila unità. È dal 2007 che il saldo è stabilmente sfavorevole, ma una forbice così ampia non si era mai registrata prima. Per avere un ordine di paragone, nell’ultimo anno l’Italia ha avuto il 45% in meno di nati rispetto alla Francia e un 13% in più di decessi.
L’incidenza del CoViD-19
Cosa ci di deve aspettare, dunque, per il futuro? Almeno a termine breve-medio l’inversione di tendenza appare difficile. La presenza del CoViD-19 è tutt’altro che uno stimolo a mettere al mondo bambini. «La scelta di fare o meno un figlio matura in un clima di incertezza e difficoltà», spiega Blangiardo, che offre numeri a conferma della riflessione. «I dati delle nascite di novembre e dicembre scorsi», afferma, «mostrano una flessione rispettivamente dell’8% e del 21% di nascite rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente, almeno nelle città di cui abbiamo già i dati definitivi». Il calo va letto alla luce del clima di paura che si è diffuso nove mesi prima, ovvero all’insorgere del virus nel nostro Paese. «È l’effetto Chernobyl», spiega il demografo. Anche nove mesi dopo il disastro nella centrale nucleare sovietica, datato aprile 1986, si registrò in Italia un’importante diminuzione di nascite.
L’aspetto economico
«Dunque fin quando non sarà passata la paura, avremo un progressivo calo delle nascite», ritiene Blangiardo. «Ma è anche una questione di contesto economico», aggiunge. A tal proposito cita quanto avvenne nella Germania dell’Est subito dopo la caduta del muro di Berlino: le incertezze e le minori garanzie sociali spinsero molti cittadini dell’ex DDR a posticipare il concepimento di un figlio. Qualcosa di analogo accadde in Grecia a seguito della crisi del 2009. «Questi dati ci indicano che un passo particolarmente impegnativo come un figlio vada fatto con le dovute garanzie», osserva il presidente dell’ISTAT.
Cosa fare
Interpellato da “iFamNews” su quali siano gli interventi politici da attuare per arginare il declino, Blangiardo risponde con l’economia. «I figli costano», queste le sue parole, «dunque lo Stato dovrebbe dare una mano». I 300mila bambini in più nati in Francia sono, secondo lui, da attribuire «anche a un sistema fiscale che lascia maggiori risorse alle famiglie». A proposito del Family Act, che doveva essere la grande riforma del governo Conte II e che ora è a rischio slittamento, il demografo ha spiegato che «è un progetto interessante», specie per quanto riguarda l’assegno unico. «Ma mi auguro venga attuato». Insomma: basta parole, fuori i fatti. E basta anche con la sola logica assistenzialista. «Non può fare tutto lo Stato», precisa Blangiardo. «Coinvolgiamo i privati, gratifichiamo le imprese che adottano politiche pro-famiglia» per i dipendenti e per i clienti. «Queste iniziative costano poco e potrebbero funzionare».
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