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«Peccato per Bergoglio, don Gallo e tutti coloro che, come invita il Vangelo, accolgono e non giudicano». Non poteva mancare, tra le decine di messaggi ricevuti per il pro memoria di “iFamNews” contro la droga, il richiamo strumentale al Pontefice. Un Papa tirato per la veste più volte negli attacchi social, un Papa visto come epigono di una “Chiesa nuova”, più “aperta” e “vicina” al Vangelo. I tratti, volutamente nebulosi, sembrano ispirarsi più ai titoli che la Repubblica ha fatto sul Pontefice argentino che al suo magistero, ma sollevano un tema interessante da scandagliare. Cosa pensa la Chiesa Cattolica della droga? C’è stato davvero un cambio di rotta, negli anni, sulle dipendenze?
San Giovanni Paolo II
Oltre alla condanna netta presente nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 2291, uno degli interventi più completi in materia è quello di cui si è reso protagonista Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005). Sabato 23 novembre 1991, in un’Aula Paolo VI gremita di scienziati e di esperti riuniti per la VI Conferenza internazionale «Droga e alcool contro la vita», il Pontefice prende la parola presentando una fotografia lucida e disarmante di queste «piaghe sociali insidiose e capillarmente diffuse in tutto il mondo, favorite da grossi interessi economici e, talora, anche politici».
Intanto san Giovanni Paolo II affronta di petto la questione alcool e droga: «Esiste, certo, una netta differenza tra il ricorso alla droga e il ricorso all’alcol: mentre infatti un uso moderato di questo come bevanda non urta contro divieti morali, ed è da condannare soltanto l’abuso, il drogarsi, al contrario, è sempre illecito, perché comporta una rinuncia ingiustificata ed irrazionale a pensare, volere e agire come persone libere».
Del tutto evidente come il distinguo operato dal Pontefice polacco non giustifichi l’alcolismo, come però molti utenti hanno invece scritto: «Tossicodipendenza e alcolismo sono contro la vita», ribadisce infatti il Papa. «Non si può parlare della “libertà di drogarsi” né del “diritto alla droga”, perché l’essere umano non ha il diritto di danneggiare se stesso e non può né deve mai abdicare alla dignità personale che gli viene da Dio».
Ma il lungo discorso del Pontefice, che merita lettura integrale, non si ferma alla pars destruens, perché disegna un orizzonte nuovo, libero dalle dipendenze: «Non si combattono, cari fratelli, i fenomeni della droga e dell’alcolismo né si può condurre un’efficace azione per la guarigione e la ripresa di chi ne è vittima, se non si ricuperano preventivamente i valori umani dell’amore e della vita gli unici che sono capaci, soprattutto se illuminati dalla fede religiosa, di dare pieno significato alla nostra esistenza».
Benedetto XVI
Papa Benedetto XVI ha affrontato il tema durante il viaggio effettuato in Brasile per la V Conferenza generale della Conferenza episcopale latinoamericana e dei Caraibi. È il 12 maggio 2007, e il Pontefice visita la Fazenda da Esperança, a Guaratinguetá: qui si rivolge a persone incamminate lungo un percorso difficile per uscire dalle dipendenze. Senza esitazione afferma: «Perciò dico agli spacciatori che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto».
Il Papa non si ferma lì: la disperazione dei giovani devastati dalle dipendenze lo ha toccato profondamente e, rientrato a Roma, torna sul tema. Il 21 dicembre si rivolge alla Curia per i consueti auguri natalizi e ricorda: «Sì, l’uomo ha bisogno della trascendenza. Solo Dio basta, ha detto Teresa d’Avila. Se Lui viene a mancare, allora l’uomo deve cercare di superare da sé i confini del mondo, di aprire davanti a sé lo spazio sconfinato per il quale è stato creato. Allora, la droga diventa per lui quasi una necessità. Ma ben presto scopre che questa è una sconfinatezza illusoria – una beffa, si potrebbe dire, che il diavolo fa all’uomo. Lì, nella Fazenda da Esperança, i confini del mondo vengono veramente superati, si apre lo sguardo verso Dio, verso l’ampiezza della nostra vita, e così avviene un risanamento».
Papa Francesco
Aprire lo sguardo, riscoprire la vita come un’avventura da vivere appieno, nelle gioie e nei dolori, senza anestetici che privano della consapevolezza e della libertà: in quest’ottica si muove Papa Francesco, che più volte ha fatto sentire la voce sul tema. È il 1° dicembre del 2018, il Pontefice interviene nella Sala Clementina al convegno «Droghe e dipendenze: un ostacolo allo sviluppo umano integrale». Il suo no alla droga è secco: «La droga, come già più volte sottolineato, è una ferita nella nostra società, che intrappola molte persone nelle sue reti. Sono vittime che hanno perso la loro libertà in cambio di questa schiavitù, di una dipendenza che possiamo definire chimica». E ancora: «Tutti siamo chiamati a contrastare la produzione, l’elaborazione e la distribuzione della droga nel mondo. È dovere e compito dei governi affrontare con coraggio questa lotta contro i trafficanti di morte».
La commercializzazione della cannabis light e la legalizzazione della cannabis o delle cosiddette “droghe leggere” potrebbero essere una soluzione? Il Papa regnante non ha dubbi, lo ricorda il 20 giugno 2014, intervenendo in Vaticano alla 31a edizione dell’«International drug enforcement conference», quando afferma: «Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi».
E ancora: «Le legalizzazioni delle cosiddette “droghe leggere”, anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno». È possibile immaginare un mondo libero dalle dipendenze? Secondo il Pontefice sì: «Le opportunità di lavoro, l’educazione, lo sport, la vita sana: questa è la strada della prevenzione della droga. Se si realizzano questi “sì”, non c’è posto per la droga, non c’è posto per l’abuso di alcol e per le altre dipendenze».
Aprirsi alla speranza
Assenza di speranza, anzi, assenza delle ragioni fondamentali che fondano e che alimentano la speranza: è questo il primo vuoto esistenziale che i tre Pontefici indicano come un buco nero capace di attirare a sé giovani e meno giovani, in cerca di anestetici al dolore dell’esistenza. C’è allora bisogno di nuovo umanesimo cristiano, che è la terapia dell’amore vero in grado di generare una vita sana e aperta agli altri. Lo conferma Chiesa, droga e tossicomani, la pubblicazione realizzata nel novembre 2001 dal Pontificio consiglio per la pastorale della salute. Nell’introduzione si legge: «Sappiamo che se non c’è domanda non c’è offerta. […] Tutti siamo coinvolti e i baroni della droga sono più forti e distruggono più nei paesi ricchi che in quelli poveri. Tutti dobbiamo impegnarci a fondo nella lotta contro questo male nefasto». Tutti.
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