Anche l’Australia risponde all’eco su scala mondiale generata dalla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America di ribaltare la sentenza Roe vs. Wade, che da venerdì scorso non prevede più un presunto “diritto” all’aborto nel Paese nordamericano, ma rimanda alle decisioni dei singoli Stati, quindi dei deputati legittimamente eletti dai singoli cittadini, perciò in definitiva dei singoli cittadini medesimi.
Anche in Australia, si diceva, si leva qualche voce di dissenso rispetto alla vulgata filo-abortista che vorrebbe far passare come «salute sessuale e riproduttiva» della donna la soppressione di un bambino nel ventre materno, quasi in qualunque momento della gravidanza, a scelta insindacabile della madre.
Una di queste voci è quella di Matt Canavan, padre di cinque figli, senatore del Partito Nazionale Liberale (LNP) dello Stato del Queensland. Canavan chiede, quantomeno, il divieto degli aborti elettivi cosiddetti “tardivi”, quelli cioè perpetrati dopo la ventesima settimana di vita nel grembo, che a quelle latitudini sono permessi in tutte le giurisdizioni che costituiscono l’Australia, a eccezione della Tasmania, del Territorio della Capitale Australiana (ACT) e dello Stato dell’Australia Occidentale. Tutti gli altri Stati e i Territori esterni lo riconoscono invece come un “diritto”, sino a 22 o 24 settimane.
In un video trasmesso dal canale televisivo Sky News in diretta da Brisbane, Canavan definisce gli aborti elettivi “tardivi” una barbarie e afferma che «la scienza si è evoluta in modo massiccio, ora disponiamo di ultrasuoni 3D e prove più numerose che testimoniano ciò che accade a un bambino», ha affermato. «Nelle ultime settimane [di gestazione],vi è il consenso scientifico che i bambini possano provare dolore. […] Possiamo vedere e osservare negli aborti tardivi che i bambini cercano di evitare gli strumenti della procedura. […] Penso che questo abbia cambiato l’opinione di molte persone».
Il senatore Canavan ha citato inoltre i casi addirittura angoscianti dei bambini sopravvissuti agli aborti tardivi, e lasciati morire dopo l’espulsione, riferendo i dati forniti al parlamento del Queensland nel 2016 dall’allora ministro della salute Cameron Dick, che hanno rivelato che 200 bambini erano nati vivi dopo gli aborti praticati in quello Stato dal 2005.
«L’Australia», ha concluso Canavan «è isolata» nel contesto mondiale, riferendosi al rapporto del 2014 del Charlotte Lozier Insitute, in base al quale solo un numero limitato di Stati consentono aborti elettivi dopo 20 settimane di vita nel grembo, cioè Canada, Cina, Paesi Bassi, Corea del Nord, Singapore, Vietnam e sino al 24 giugno gli Stati Uniti d’America. Ora, si vedrà.
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