Prosegue l’offensdia LGBT+ del governo degli Stati Uniti d’America presieduto da Joe Biden , già forte di colpi di scena clamorosi come la nomina a ministro alla Salute, di Richard L. Levine, pediatra transgender. Adesso, come le cronache mondiali hanno subito sbandierato, fra i candidati alla carica di sottosegretario per il trattamento dei rifiuti e gli oli esausti del ministero dell’Energia, Bien ha scelto Sam Brinton, per la cui nomina manca ormai solo l’ufficialità. Brinton, 34 anni, due lauree in sistemi ingegneristici e in energia nucleare al Massachussetts Institute of Tecnology, sarebbe essere stato scelto, in apparenza, per il curriculum stellare. Ciò che l’uomo mette in mostra sul suo profilo Instagram, tuttavia, non sono tanto le proprie competenze scientifiche quanto le performance da drag queen.
Brinton è recentemente stato ritratto sul periodico The American Conservative a torso nudo mentre regge al guinzaglio un uomo in tenuta canina. Il neo-sottosegretario si definisce «domatore di cuccioli», ovvero di gay che si fingono cani. Si tratta di una delle tante pratiche legate all’esibizionismo LGBT+, analoga alle rappresentazioni fetish e/o sadomaso, ormai ben note in tutto il mondo grazie ai Gay Pride.
Il Sottosegretario designato, “sposato” da tre anni con un uomo, si definisce «nuclear nerd» ed è quotato come esperto di smaltimento delle scorie nucleari, ma la stampa internazionale né sottolinea assai più volentieri le stravaganze.
Alla soglia degli 80, Biden scopre l’arcobaleno
Sorge spontaneo chiedersi: è davvero un caso che tra tanti esperti di nucleare e di ecologia presenti negli Stati Uniti, il presidente Biden abbia optato per la drag queen? È vero che l’inquilino della Casa Bianca, gettato alle ortiche il passato antiabortista (speriamo) e segregazionista, oggi, a quasi ottant’anni, va pazzo per l’arcobaleno.
Per un presidente che, con un ordine esecutivo, permette ai transgender maschi di gareggiare nelle competizioni sportive femminili (mandando così in fumo anni e anni di emancipazione della donna), nominare più rappresentanti LGBT+ nel proprio governo apparirebbe un gesto più che mai coerente con il suo nuovo orientamento ideologico.
Rimane comunque inevasa una domanda: proseguire con questa gaiezza istituzionale così spudorata paga davvero in termini di immagine e di consensi per il leader della prima superpotenza mondiale?
Cambiare il mondo in tacchi a spillo?
In attesa che qualcuno risponda a tale dilemma, vale la pena andare a monte della questione e analizzare in filigrana la vicenda personale di Sam Brinton. Il sottosegretario drag queen avrebbe il dente avvelenato contro le terapie riparative. «Sono la prova vivente che la terapia di conversione può distruggere, che l’autoaccettazione può salvare», scrive Brinton, non senza autocompiacimento, sul proprio blog.
«Sia che stia camminando per le sale del Congresso per contribuire a educare le Aule sulle differenze tra i reattori nucleari avanzati o cantando i brani preferiti con il Gay Men’s Chorus di Washington è difficile non notare la passione di Sam Brinton per il cambiamento del mondo, e i suoi tacchi a spillo», riporta con assoluta nonchalance il suo profilo.
Chiesa nel mirino
Al tempo stesso il Sottosegretario designato non manca di farsi beffe della fede cristiana che, a proprio dire, sarebbe la causa di tutti i suoi traumi. Un’altra delle performance ricorrenti di Brinton è infatti la riproduzione di un suo alter ego: suor Ray Dee O’Active dell’Ordine dell’indulgenza perpetua, una religiosa di fantasia che si aggirerebbe per le strade non cverto per evangelizzare, bensì per combattere la cosiddetta «transfobia».
Uno dei leitmotiv dell’attivismo LGBT+ è del retso proprio l’ossessione inarrestabile per le simbologie religiose. Nell’ottica di questi fanatici, la Chiesa è il nemico per definizione, quindi, nei Pride e in altri contesti parodistici, lo scherno e l’offesa gratuita alla sensibilità dei cristiani (e in particolare dei cattolici) diventano uno dei comandamenti del nuovo culto secolarizzato e politicamente corretto. Ma tutto questo al secondo presidente statunitense cattolico sembra non dare troppo fastidio. Tutt’altro.
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