Last updated on aprile 6th, 2021 at 05:26 am
Nella vita-giostra dove i ragazzi, ma anche i bambini, sono quasi costantemente immersi oggi le esperienze da provare non mancano. «Tantissime “attrazioni”, alcune classiche altre sempre nuovissime e che cambiano continuamente. Un mondo in parte fisico e reale, in parte virtuale ma altrettanto reale. Un luna park sempre a portata di mano, difficilissimo da isolare e transennare che è necessario imparare a comprendere e col quale è importante misurarci». Così Sabrina Molinaro, Responsabile del Laboratorio di epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa, conclude il rapporto Espad che ha curato.
La ricerca ‒ effettuata in collaborazione con Net Children Go Mobile e pubblicata dal Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica del sacro Cuore di Milano ‒ analizza le dipendenze per fasce d’età e si sofferma anche sul rapporto degli adolescenti, i cosiddetti “residenti digitali”, con i vari device in voga. Nella prima fascia di età considerata, quella compresa tra i 9 e i 12 anni, sono computer, smartphone, tablet e videogiochi a occupare le giornate dei ragazzi, creando disagi che possono andare dalle semplici difficoltà della vista e del sonno alla vera e propria dipendenza, passando per l’isolamento e i disturbi comportamentali.
Ma ora la tragedia di Palermo, dove una ragazzina di dieci anni è morta soffocata da una cintura forse in conseguenza di una sfida sotto forma di gioco raccolta sul web, amplifica il problema, svelando una realtà evidente (a volerla vedere). L’accaduto è sicuramente un segno dei tempi, ma la famiglia cosa fa per proteggere i ragazzi? Lasciarli solo nella rete è pericoloso. Le autorità competenti stabiliranno le responsabilità di quanto avvenuto a Palermo, e il dolore dei genitori è la pena maggiore di tutte, ma i responsabili delle piattaforme digitali cosa possono fare? Il Garante della privacy chiede di controllare l’età di chi fruisce dei servizi in rete, ma senza violarne la privacy: impossibile però controllare l’età degli utenti dei social network.
Ebbene, in realtà non serve alcuna legge. Basta che i genitori tornino a fare il proprio, difficile, mestiere: educare, seguire, guidare e controllare. Certo, è più facile far stare buoni i bimbi ipnotizzandoli con il cartone animato preferito sul tablet, ma il problema c’è. Le società di pediatria, italiana e statunitense, per esempio, hanno preparato guide per i genitori che, vivendo essi stessi nel mondo digitale, devono imparare a riconoscere i fenomeni anche come problemi.
La speranza ora è che la tragedia di Palermo non contribuisca ad aumentare la pletora delle leggi inutili, ma serva piuttosto ai genitori per capire che i figli non vanno solo messi al mondo, bensì anche seguiti, cresciuti e formati.
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