Aborto USA, strategia della tensione

Un tizio minaccia di uccidere un giudice della Corte Suprema federale perché sconvolto dalla possibilità che quell’assise cancelli l’aborto come “diritto” federale

pisola

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La fuga di notizie sulla sentenza che la Corte Suprema federale degli Stati Uniti d’America sta per pronunciare sull’aborto vuole spaventare i giudici.

Nicholas John Roske, 26 anni, di Simi Valley, in California, è stato sorpreso con una pistola e un coltello nei pressi dell’abitazione del giudice supremo Brett M. Kavanaugh, nel Maryland, ed è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio, dopo che la polizia aveva ricevuto una telefonata in cui lo stesso Roske minacciava l’omicidio di un non meglio identificato giudice dell’assise suprema e quindi il suicidio. Come ha detto proprio Roske, l’idea che la Corte Suprema stia per limitare severamente, con una sentenza storica, l’aborto statunitense lo ha sconvolto.

Come è risaputo, la Corte Suprema federale di Washington sta per pronunciarsi sul caso Thomas E. Dobbs, State Health Officer of the Mississippi Department of Health, et al. v. Jackson Women’s Health Organization, et al., comunemente noto come «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization».

Il giudice della Corte Suprema federale Brett M. Kavanaugh

All’inizio di maggio il noto sito d’informazione Politico.com ha diffuso una bozza non autorizzata di un’opinione della Corte Suprema su quel caso, datata 10 febbraio 2022 e firmata dal giudice Samuel A. Alito. La sentenza, attesa oramai a giorni, ha notoriamente il potenziale grandioso di annullare le sentenze dei casi Jane Roe, et al. v. Henry Wade, District Attorney of Dallas County, comunemente chiamato «Roe v. Wade», del 1973, e Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania, et al. v. Robert P. Casey, et al., comunemente chiamato «Planned Parenthood v. Casey», del 1992. Ovvero di cancellare l’improvvida decisione di definire l’aborto un “diritto” federale difeso dalla Costituzione statunitense, cosa che non è, e che pertanto costituisce un abuso clamoroso, grondante il sangue di milioni e milioni di bambini ancora nel grembo materno e forte di un peso evidente anche a livello internazionale.

Se così fosse, l’aborto statunitense smetterebbe di essere un “diritto” federale e tornerebbe al giudizio degli Stati componenti l’Unione, ovvero alla situazione antecedente il 1973. Con indubitabile, enorme, fondamentale vantaggio per il diritto alla vita.

Ora, mai e poi mai è successo che un’intera bozza di opinione su un caso tanto importante venisse fatta pervenire di soppiatto alla stampa. E, vista la posta in gioco, la violenza con cui la questione dell’aborto viene da decenni proposta e imposta nel mondo, il numero di vite umana che questa è costata e la cruda politicizzazione dell’intera questione, una tale fuga di notizia ha potuto avere e ha un motivo soltanto.

La strategia della tensione. Per incendiare gli animi, gettare scompiglio e spaventare i giudici affinché facciano marcia indietro. Quando la bozza di opinione è stata diffusa lo si è detto e lo si scritto, ed era un timore fondato. Oggi Nicholas Roske rende il timone un fatto. Fosse riuscito nel proprio intento di colpirne uno per educarne cento oggi saremmo a scrivere cose ben diverse e l’aborto, negli Stati Uniti e nel mondo, sarebbe stato blindato per chissà quanto tempo.

Roske era uno squilibrato. Ovvio. Forse che questo rende la cosa più leggera? La storia non è forse stata cambiata mille volte da uno “squilibrato”? Temo che pochi si stiano davvero rendendo conto del pericolo che la vita di milioni e milioni di bambini ha corso per colpa del quarto d’ora di celebrità di uno “squilibrato”, ma soprattutto per la responsabilità di chi ha innescato il guaio, diffondendo la bozza Alito.

La buona notizia è che, rebus sic stantibus, il clima rovente non ha scalfito i giudici supremi di uno iota. Non ci sono notizie di tentennamenti, di dubbi, di ripensamenti. Quella cattiva è che di Nicholas Roske se ne trovano un tanto al chilo al mercato.

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