Il mondo non si è ancora, letteralmente, riavuto dalla notizia shock. Gli Stati Uniti d’America, nientemeno che gli Stati Uniti, potrebbero presto smantellare la sentenza-macigno che da mezzo secolo nega il diritto alla vita al prezzo di milioni di vite umane. Certo, i giochi non sono ancora fatti (non lo sono cioè del tutto tutto), ma è difficile che non vada così. A meno che…
Ma questo è un altro discorso. Il discorso che invece «iFamNews» intavola oggi riguarda l’Italia; e, concernendo l’aborto, la parola spetta a Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita italiano.
Ciò che avviene negli Stati Uniti riverbera subito, nel bene e nel male, anche altrove. Cosa succederà in Italia se davvero negli Stati Uniti l’aborto dovesse smettere di essere imposto a livello federale come un “diritto”?
Sarebbe una benefica rivoluzione culturale! Come è successo per le decisioni del 1973, anche questa eventuale nuova decisione, questa volta a favore del diritto a nascere, non potrebbe essere disattesa. Tutte le legislazioni europee filoabortiste riprendono, tra vicende alterne, la logica e lo schema indicato dalle sentenze nei casi Doe v. Bolton e Roe v. Wade. La spinta al rovesciamento sarebbe inevitabile, anche se dobbiamo prepararci ai contraccolpi ringhiosi e arroganti. Ma non vanno temuti più di tanto, perché esprimono la paura della verità che rende liberi.
Non avverrà comunque, penso, tutto in un colpo, ci vorrà tempo, ma la riflessione è innescata. D’altra parte il confronto sul diritto alla vita dei bambini non ancora nati contrassegna un passaggio di civiltà “epocale e planetario” che non può considerarsi chiuso da una sentenza o da una legge, e che incoraggia chi in tutto il mondo non si rassegna di fronte alla distruzione di massa, culturalmente accettata, dei più poveri tra gli esseri umani, quali sono i bambini non ancora nati.
La “non rassegnazione” della cultura della vita abbraccia anche le donne, le mamme, perché l’amore per l’uomo impegna ad una condivisione operosa delle difficoltà materiali, morali, psicologiche di una maternità difficile o non desiderata.
In Italia, invece, come siamo messi quanto a contrasto all’aborto sul piano giuridico?
Maluccio sul piano legislativo e politico, ma in compenso c’è un volontariato meraviglioso. Però, anche qui, bisogna cercare di non scivolare nel pessimismo. È vero che sono tempi difficili per il diritto a nascere e per la libertà delle donne di accogliere i figli, che le pillole abortive (comprese quelle post-coitali) la fanno da padrone e che la Legge 194 (integralmente iniqua) resta lì come fosse intangibile ed è inapplicata per quanto riguarda i profili che segnalano una certa preferenza per la nascita, ma è anche vero che nel corso di questi anni ci sono stati segnali positivi di ripensamento (si vedano la sentenza della Corte Costituzionale 35/1997 e l’istituzione del Consiglio nazionale per la bioetica). Il popolo della vita non si arrende. Anche a livello associativo e prepolitico si sta lavorando per smuovere le acque e portare l’attenzione sui diritti del concepito e sulla vera liberà delle donne.
La “non rassegnazione” della cultura della vita abbraccia anche le donne, le mamme, perché l’amore per l’uomo impegna ad una condivisione operosa delle difficoltà materiali, morali, psicologiche di una maternità difficile o non desiderata.
Come si può rispondere a quei molti, troppi, dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, all’ex presidente della Camera italiana dei deputati, Laura Boldrini, che, di fronte alla prospettiva di smantellare la sentenza del caso Roe v, Wade, parlano di violazione di un “diritto” delle donne e di arretramento di decenni?
Sono vecchie battute, espressione di una cultura antisolidaristica destinata a tramontare. Slogan, frasi fatte, ideologia. Come si può parlare di diritto di fronte all’uccisione di bambini in viaggio verso la nascita? Evidentemente c’è un paraocchi che impedisce di prendere in considerazione il dato scientifico e il principio di uguaglianza che va declinato fino in fondo quindi anche di fronte ai figli concepiti. «Uno di noi» è l’espressione che esprime in maniera limpida, semplice, essenziale, la direzione del progresso. Quanto alle donne, penso, che il loro ruolo sul fronte della vita nascente sia fondamentale, non per rivendicare il preteso assurdo “diritto” all’aborto, ma per proclamare alto il diritto a nascere dei loro figli chiedendo a tutta forza la solidarietà della comunità civile, delle istituzioni, dello Stato per una reale e completa tutela della maternità. Nella giusta corsa verso l’uguaglianza delle donne rispetto ad una condizione di inferiorità familiare e sociale nel confronto con l’uomo, si è giunti a calpestare i figli, il privilegio della maternità durante la gravidanza. È ora di seguire la rotta giusta: diritti e uguaglianza delle donne sì, ma anche per i loro figli in grembo e in braccio.
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