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A Neymar è vietato professare la fede cristiana

Lo prevede una clausola sul suo contratto con il Paris Saint-Germain dei ricchi qatarioti

Federico Cenci di Federico Cenci
18/09/2021
in Cultura, In evidenza
2.2k
Reading Time: 3 mins read
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Last updated on Settembre 22nd, 2021 at 07:56 am

Vietato professare pubblicamente la propria fede cristiana. Succede in qualche dispotismo comunista o nell’Afghanistan dei talebani? No, o meglio non solo lì: succede anche – certo, con conseguenze per l’eventuale trasgressore molto meno efferate – nella squadra di calcio Paris Saint-Germain del magnate del Qatar, Nasser Ghanim Al-Khelaïfi. Secondo quanto riferito dal quotidiano spagnolo El Mundo, il talento brasiliano Neymar da Silva Santos Júnior, noto a tutti semplicemente come «Neymar», riceverebbe 5 milioni di sterline all’anno in aggiunta a uno stipendio faraonico a condizione che eviti qualsiasi «propaganda politica o religiosa» che potrebbe offuscare l’immagine e l’unità del club calcistico.

Una clausola ricca

Si tratta di una «clausola etica», che inoltre proibisce a Neymar di esprimere «qualsiasi commento negativo» sul Paris Saint-Germain, «su chi ci lavora e su chi lo sostiene», e gli richiede di tenere «un comportamento esemplare». L’asso brasiliano deve pertanto essere corretto sul rettangolo di gioco, «cortese, puntuale», nonché «amichevole e disponibile con i tifosi». Tutti requisiti base, che qualsiasi appassionato di sport si aspetta dagli atleti, ci mancherebbe altro. Ma a Neymar questa “normalità” frutta parecchio: se rispetta la clausola, oltre alle 490mila sterline a settimana – riferisce El Mundo –, il calciatore riceverebbe altre 461.947 mila sterline lorde al mese, che equivalgono appunto a 5,5 milioni all’anno.

La fede di Neymar

Desta però grande curiosità che, oltre ad aspetti comportamentali che si confanno a uno sportivo modello, a Neymar sia richiesto pure di nascondere la propria fede. In passato, quando militava nel Barcellona, l’attaccante brasiliano ha spesso professato di essere cristiano. «La vita ha senso solo quando il nostro ideale più alto è servire Cristo», disse una volta, secondo quanto riporta il britannico Daily Mail.

Lo stesso tabloid rivela che il percorso di fede di Neymar sarebbe iniziato quando il campione era molto giovane, per via di una donazione della Chiesa evangelicale locale che consentì a lui e ai suoi compagni delle giovanili del Santos, squadra brasiliana in cui mosse i primi calci, di avere un campo da gioco nuovo. Un pastore evangelicale del suo quartiere d’origine, a San Paolo del Brasile, ha rivelato quattro anni fa che Neymar, con il nuovo lauto stipendio percepito a Parigi, avrebbe donato alla Chiesa ogni anno circa 15mila sterline.

La Fifa ha fifa

Ma non è la prima volta che la fede di Neymar viene censurata. Prima di approdare al Paris Saint-Germain, nel 2015, gli era già accaduto. Durante i festeggiamenti in campo per la vittoria della Champions League ottenuta con il Barcellona, il centravanti portava una fascetta in fronte con scritto «100% Gesù». L’immagine fece il giro del mondo. Eppure la Fifa ritenne opportuno apportare un grezzo ritocco sulla fronte del campione brasiliano per cancellarne la rivendicazione religiosa. Il motivo addotto? Non urtare la sensibilità dei praticanti di altre fedi.

Real Madrid senza croce

Sarebbe da chiedere ai vertici della Fifa quali fedeli sono così intolleranti da ritenere offensivo che un calciatore ringrazi Gesù Cristo dopo un successo sportivo. Qualche domanda se la saranno fatta anche i tifosi del Real Madrid nel 2014, dopo che per le medesime ragioni di «non turbare la sensibilità» la dirigenza della squadra eliminò la croce che sormonta il simbolo del prestigioso club spagnolo da ogni prodotto ufficiale venduto negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Bahrein e Oman. Rispetto o censura anticristiana?

Tags: HighlightLibertà religiosaVetrina
Federico Cenci

Federico Cenci

Dal 2013 al 2017 ha lavorato all’agenzia cattolica di stampa Zenit occupandosi di temi sociali e religiosi, bioetica, politiche familiari, nonché politica interna ed internazionale. Ha quindi proseguito l'attività con In Terris, e attualmente con vari giornali e periodici. Nel 2020 ha scritto il romanzo "Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà"

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