A difesa della lingua italiana dallo «schwa»

Schwa - Image from Shutterstock

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L’affermazione dell’ideologia gender passa anche per la decostruzione del linguaggio. Oltre all’identità biologica e culturale, il bersaglio è anche l’identità linguistica. È così che da qualche anno sparute ma rumorose minoranze imbastiscono battaglie per l’introduzione nel vocabolario italiano di una «e» capovolta, il cosiddetto «schwa».

Parole illeggibili

I suoi fautori sostengono che la «e» capovolta debba sostituire le desinenze al maschile e al femminile. Un esempio? Le parole «lettore» e «lettrice» dovrebbero essere sostituite dal neutro «lettorə». La pronuncia si pone come un suono intermedio tra le vocali esistenti, ovvero una vocale senza qualità e senza quantità, quindi di grado ridotto. Tuttavia, introdurre lo «schwa» nel linguaggio, così da «rendere l’italiano una lingua più inclusiva e meno legata al predominio del genere maschile», lungi dall’ottenere l’esito desiderato, rischia seriamente di trasformare un testo in illeggibile.

Lo «schwa» lungo

Eppure nemmeno la questione pratica sembra dissuadere i sostenitori dello «schwa». Alcuni di loro vanno oltre invocando la sostituzione degli articoli determinativi «il», «lo», «la» con «lə». Non solo, costoro vorrebbero che i rispettivi plurali («i», «gli», «le») confluissero in «l3», con il secondo carattere che ha la sembianza di un tre, ma che è invece uno «schwa» lungo.

Lo «schwa» sdoganato

Lo «schwa» è forse una stravaganza destinata a rimanere materia di dibattito tra pochi fanatici dell’innovazione fonetica? Niente affatto. Come scrive Massimo Arcangeli, linguista e scrittore, docente di Linguistica italiana all’Università di Cagliari, lo «“schwa” e lo “schwa lungo”, sono perfino finiti in ben 6 verbali redatti da una Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia».

La petizione

Lo stesso Arcangeli ha lanciato una petizione sul sito Change.org per opporsi a questo attacco alla lingua italiana. Il linguista rileva che «lo “schwa” e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.), oppure specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), che si vorrebbe introdurre a modificare l’uso linguistico italiano corrente, non sono motivati da reali richieste di cambiamento. Sono invece il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività».

Le firme raccolte in pochi giorni sono circa 17mila, tra cui quelle di accademici e scrittori famosi come Alessandro Barbero, Massimo Cacciari, Edith Bruck, nonché del presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini.

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