Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:09 pm
Da duemila anni la storia dell’uomo si divide in due: «b.C.» e «a.C.», ovvero «before Christ» e «after Christ». Adesso nel libro-programma CoViD-19: The Great Reset di quei significanti l’ingegnere ed economista tedesco Klaus Schwab, fondatore e direttore esecutivo del World Economic Forum (WEF), propone un nuovo significato: «before Coronavirus» e «after Coronavirus», cioè la divisione della storia umana in un prima e in un dopo il nuovo virus che viene dalla Cina.
Ora, Schwab non afferma che il CoViD-19 sia, in sé, particolarmente esiziale; anzi, sostiene che finora si è rivelato essere una delle epidemie meno mortali nella storia dell’umanità. Perché allora attribuire a esso un’importanza così sproporzionata rispetto all’evidenza empirica della sua mortalità? Perché, dice il direttore del WEF, il mondo è sempre più interconnesso e la convergenza odierna tra epidemia e «rischi economici, sociali, geo-politici, ecologici e tecnologici» fa “saltare il banco”. Il nuovo coronavirus è quindi visto come il catalizzatore che accelera dinamiche già presenti e ben evidenti anche nell’era pre-pandemica («before Coronavirus»), ma di tale portata da rendere impossibile domani («after Coronavirus») il semplice ritorno al “prima del virus”. Quasi che se il CoViD-19 non si fosse manifestato da solo sarebbe stato utile inventarlo: il “dopo virus”, infatti, viene profetizzato come incomparabilmente migliore del prima, non fosse altro perché risolve nodi non più procrastinabili.
Il tatuaggio ESG sulla mano e sulla fronte
Il tema del «grande ripristino» inteso come nuovo Anno 0 dell’umanità si salda del resto oggettivamente al cuore dell’Agenda ONU 2030 con cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite affronta il tema del cosiddetto «sviluppo sostenibile» portato avanti, con accanimento crescente, a partire dal summit sulla Terra di Rio de Janeiro del 1992 e dalla Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo, che, svoltasi a Il Cairo nel settembre 1994, fu organizzata dall’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione. Il ragionamento di fondo è infatti identico: la popolazione mondiale sta crescendo troppo, nei prossimi decenni si rischierà seriamente la carenza di risorse e quindi occorre agire subito per porre rimedio contrastando in ogni modo la natalità.
A un pensiero ostile alla famiglia naturale e alla vita, che viene da parecchio lontano, si aggiunge dunque un panico creato ad arte – “Non abbiamo più tempo!” – grazie al riferimento al «cambiamento climatico» della Terra di pretesa origine antropica. A ciò si aggiunge poi pure la prospettiva della «decrescita felice» avanzata dall’economista e filosofo francese Serge Latouche, che condanna la ricerca della crescita economica e sociale proponendo l’alternativa, tutta ipotetica, di un presunto bien vivre in cui si sarà certamente più poveri, ma in compenso più felici.
Ora, qual è la “soluzione” proposta dall’ONU per uno sviluppo “equo e sostenibile”, “inclusivo” e rispettoso della “Madre Terra”? La “de-carbonizzazione”, con conseguente conversione green dell’industria, e, siccome l’uomo inquina, la «pianificazione familiare» per la «salute riproduttiva e sessuale», che, tradotto dal gergo ONU, significa promozione di contraccezione, sterilizzazione e aborto. Insomma, quelli che nella neolingua delle Nazioni Unite sono i nuovi “diritti umani” (tra cui gli onnipresenti “diritti LGBT+”) da promuovere o, nel caso, da imporre con la forza pubblica.
Questa visione ideologica si sintetizza peraltro nell’acronimo ESG, ovvero «Environmental, Social, and Governance», a indicare i criteri di valutazione delle imprese e delle organizzazioni mediante l’adozione e l’utilizzo di un ranking apposito su scala mondiale. In questo modo l’ONU dirotta risorse ingenti dei contribuenti (valutabili nell’ordine di centinaia di miliardi di dollari statunitensi) non solo per finanziare il cosiddetto «Green New Deal», ovvero il grande progetto mondiale per la nuova «sostenibilità ambientale», ma anche per condizionare le scelte di investimento e di consumo in una prospettiva di «sviluppo sostenibile», di «inclusività» e di «lotta alle diseguaglianze».
Agenzie di rating ESG si stanno, infatti, già attrezzando per stilare le pagelle delle imprese, giudicando se siano sono abbastanza “verdi” e in linea con i nuovi “diritti umani ONU”: e le imprese con punteggi bassi non attireranno flussi di investimento dell’industria finanziaria, non riceveranno finanziamenti dalle banche, verranno colpite da fiscalità sfavorevole e da propaganda ostile, e quindi risulteranno fortemente penalizzate rispetto ai competitor rispettosi del diktat ESG. Ma così si falsifica la concorrenza e si comprime la libertà economica, configurando una manipolazione politico-finanziaria su scala internazionale mai vista prima. ONU, Banca Centrale Europea e Commissione Europea – a cui si aggiungono da oggi gli Stati Uniti d’America dell’“era Joe Biden” – sono gli sponsor principali di questa politica, ne decidono gli scopi e ne controllano i mezzi. Viene qui alla mente una frase di economia laica: «Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome» (Ap 13, 16-17).
Il super-Stato assistenziale planetario
Siccome però l’imposizione di quest’agenda non ha proceduto finora alla velocità desiderata dai suoi fautori (ultimamente soprattutto per la resistenza opposta dall’Amministrazione statunitense guidata da Donald J. Trump), la contingenza CoViD-19 cade a fagiolo per accelerare attuando un salto di paradigma che approfitti dello stato di debolezza, di confusione e di paura dovuti alla pandemia, sfruttando pure l’accentuazione che di esse opportunamente fa una comunicazione ossessiva di notizie spesso parziali, a volte contradditorie, talora persino inesatte e comunque sempre difficili da giudicare da parte dei non specialisti.
Il ruolo della “propaganda” è infatti come sempre centrale. Verso la fine di CoViD-19: The Great Reset, Schwab verga una frase un po’ inquietante: al di là dei dati di fatto, della “realtà”, il leader del WEF afferma che «le nostre azioni e reazioni umane […] sono determinate dalle emozioni e dai sentimenti: le narrazioni guidano il nostro comportamento». Con queste parole l’economista lascia cioè intendere che, con uno story-telling adeguato, sarà possibile imporre il cambiamento dall’alto.
Schwab propone un nuovo «patto sociale», ovviamente, dice, finalizzato all’aumento del benessere, dell’inclusività e della sicurezza universali. Solo che sorvola (e per ovvie ragioni) sul necessario incremento della pressione fiscale, dei controlli lesivi della privacy, delle imposizioni da Stato etico e di polizia. Se dunque il “riscaldamento globale” e la diseguaglianza non caleranno, diminuiranno la libertà personale, la libertà delle famiglie, la libertà di espressione e la libertà di impresa.
Il «Grande Reset», infatti, non parla mai di libertà e di famiglia, di natalità o di comunità intermedie, tantomeno di esigenze spirituali. La prospettiva è esclusivamente di tipo materiale e orizzontale, e se una qualche verticalità esiste è quella in relazione all’accentramento di funzioni negli Stati e all’auspicato aumento di una governance mondiale. Nel suo quadro esistono, insomma, soltanto l’individuo, lo Stato e la comunità internazionale: l’impressione è che si voglia quindi distruggere ogni residuo di “sussidiarietà” per aumentare il passo verso un “socialismo benevolo” che sia l’evoluzione su scala planetaria di quel mito evergreen che è lo Stato-assistenziale dei Paesi dell’Europa settentrionale. La collaborazione stretta tra grande finanza e crony-capitalism (il capitalismo clientelare) è, ovviamente, necessaria alla realizzazione del progetto: più tasse e più “sicurezza” garantita dall’alto, meno libertà e meno scelta individuale, ignorando i diritti inalienabili dati all’uomo dal Creatore, tra cui la vita, la libertà e la possibilità di prospettarsi e di costruire storicamente una società a misura di uomo che permetta di condurre una vita buona.
La “nuova normalità”
Alle soglie del nuovo mondo «after Coronavirus» ci si trova dunque davanti a uno straordinario esperimento di ingegneria sociale, dietro cui esiste una regia coordinata ai livelli più alti. Nel frattempo le Banche centrali stanno già accentrando la ricchezza finanziaria con programmi di easing quantitativo, indirizzati verso un vero e proprio «socialismo finanziario». E dove non arriverà la politica monetaria, si auspica possano arrivare la politica fiscale e la governance, ovviamente con l’immancabile e imprescindibile supporto della propaganda.
Ora, come sostiene Schwab, «la pandemia rappresenta una opportunità più unica che rara per ripensare, reimmaginare e resettare il nostro mondo» verso il “New Normal”di domani. Occorre quindi agire, e in fretta, come di chi agisce «[…] sapendo che gli resta poco tempo» (Ap 12, 12). Ma chi dice questo è ovviamente un visionario complottista.
Image source: Countdown to New Years Eve midnight, photo by Christmashat from FreeImagesLive, licensed by CC BY 3.0
Commenti su questo articolo