Last updated on Ottobre 20th, 2021 at 03:43 am
Pochi mesi fa il parlamentare scozzese Liam McArthur ha avviato la procedura di consultazione pubblica al fine di portare il suicidio assistito alla legalizzazione. Già nel 2010 in Scozia era stata proposta una legge analoga, respinta però allora in blocco. Così, di nuovo, nel gennaio 2015, la norma è tornata in parlamento e in quell’occasione l’opinione pubblica si è mostrata nettamente più indecisa, effetto anche della martellante campagna di stampa sostenuta dall’associazione filoeutanasica «My Life, My Death, My Choice». Ma, nonostante la pubblicizzazione di sondaggi secondo cui quasi il 70% della popolazione sarebbe stata favorevole al «suicidio assistito» – una tattica già sperimentata nelle battaglie per la legalizzazione dell’aborto –, il parlamento scozzese ha respinto l’Assisted Suicide Scotland Bill con 82 voti contrari e solo 36 favorevoli.
In occasione delle votazioni del 2015 McArthur aveva dichiarato: «Nel corso degli anni sono giunto alla conclusione che lo status quo non sia più sostenibile, che il cambiamento sia necessario e che sia adesso essenziale trovare modi per consentire alle persone la dignità sia nella morte sia nella vita […]. Il diritto alla vita non è la stessa cosa del dovere di vivere. Si tratta di dare dignità, rispetto e scelta alla fine della vita».
La nuova proposta per il “diritto alla morte assistita”
Ora, il nuovo disegno di legge proposto da McArthur mira a introdurre il diritto alla morte assistita per adulti e malati terminali e mentalmente competenti. Sono 12 i parlamentari che hanno firmato la proposta, la quale dovrebbe, nelle intenzioni del primo firmatario, togliere di torno tutte quelle preoccupazioni suscitate dalle norme già bocciate, onde ottenere «un forte sostegno trasversale». In questo senso sono state introdotte delle salvaguardie, cioè una serie di criteri per avere diritto alla morte assistita: la legge riguarderebbe solo adulti residenti in Scozia, affetti da malattie terminali e in possesso di un certificato di capacità di intendere e di volere.
Il Rubicone
Immediate somno state le reazioni da parte di uomini politici, esperti medici, commentatori e gruppi religiosi.
Già a luglio quasi duecento operatori sanitari hanno espresso contrarietà con una lettera aperta rivolta al ministro alla Salute, Humza Yousaf, che si impegna a «prendersi cura della sicurezza e del benessere dei pazienti». In particolare, sostengono i firmatari di quella lettera, la legge «minaccerebbe la capacità di proteggere i pazienti vulnerabili dagli abusi, minerebbe la fiducia che i pazienti ripongono nei medici e manderebbe un messaggio chiaro ai pazienti fragili, agli anziani e ai disabili sul valore che la società attribuisce loro come persone».
La dottoressa Gillian Wright, medico, bioeticista e già assistente per la somministrazione di cure palliative, ha dichiarato che la sofferenza alla fine della vita dovrebbe «spingerci tutti, in quanto società, a non contribuire al suicidio, quanto piuttosto fornire cure palliative ben finanziate, accessibili e di alta qualità per tutti». La vera «morte dolce» si ottiene infatti proprio con le cure palliative, come in Italia afferma il dottor Marcello Ricciuti proprio sulle pagine di «iFamNews».
Anche la Chiesa di Scozia ha preso posizione netta sulla nuova proposta di legge, affermando che l’introduzione del «suicidio assistito» per le persone vulnerabili rappresenterebbe «un attraversamento del Rubicone dal quale non ci sarebbe ritorno».
In pericolo i vulnerabili
La coalizione «Care Not Killing», che ha l’obiettivo di promuovere cure palliative maggiori e migliori, si oppone fermamente alla nuova proposta di legge, sostenendo che essa eserciterebbe «pressione sulle persone vulnerabili, spingendole a porre fine alla propria vita per paura di diventare un onere finanziario, emotivo o di cura per gli altri».
Lo stesso afferma Anthony Horan, direttore dell’Ufficio parlamentare cattolico, secondo cui «la legalizzazione del suicidio assistito esercita una pressione incommensurabile sulle persone vulnerabili spingendole a porre fine prematuramente alla propria vita», e ugualmente si esprime il vicedirettore per gli affari pubblici del Christian Institute, Simon Calvert: «la scelta di morire diventa molto rapidamente un dovere di morire», mentre «la vera compassione verso i malati terminali significa dare valore alle loro vite, dare loro speranza e garantire che cure palliative di alta qualità siano disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno». Lo documenta persino un sondaggio di Age Scotland, secondo cui una persona anziana su tre che vivono in Scozia ritiene la propria vita un peso per la società.
Si tratta di rischi veramente concreti, come testimonia il prof. Theo Boer nei Paesi Bassi, dove la legge sul «suicidio assistito» è stata approvata già vent’anni fa. Il suo monito vale infatti per qualsiasi Paese: «non seguite l’esempio neerlandese».